Il prezzo di
Bitcoin viaggia nei paraggi di 20.000 dollari perdendo un po' di slancio negli ultimi due giorni, dopo che si era portato a ridosso dei 22.000 dollari.
La situazione di mercato è ancora molto incerta, con gli investitori che non hanno smaltito tutte le preoccupazioni derivanti dall'andamento generale dell'economia legato a fattori macro.
Ormai è conclamato che le criptovalute siano attività ad alto rischio e come tali tendono a essere vendute nei momenti in cui regna la paura. La correlazione con le azioni è sempre più forte e, poiché queste continuano la corsa ribassista scontando gli alti tassi d'interesse sul mercato, anche le valute digitali seguono lo stesso percorso.
Bitcoin: i miner costretti a vendere?
Tra i vari venti contrari che potrebbero mettere sotto pressione Bitcoin però ve ne è uno in particolare, che riguarda i minatori. Questi potrebbero essere costretti a vendere i token per finanziare le operazioni di estrazione, a causa del crollo del prezzo della principale criptovaluta.
Il meccanismo è il seguente: gli estrattori hanno enormi magazzini dove utilizzano le macchine adibite alla produzione di Bitcoin. Queste macchine hanno bisogno di investimenti per la manutenzione e per nuove attrezzature più efficienti. Quando le quotazioni della moneta virtuale sono alte, l'estrazione è premiante e ciò permette di sostenere la spesa. Nel caso in cui i prezzi scendono come adesso, il margine di estrazione non è elevato e quindi per finanziare gli investimenti bisogna ricorrere alla liquidazione dei token che si possiedono.
Tra i grandi miner, Riot Blockchain sta vendendo monete da marzo, mentre Marathon Digital Holdings ha detto di non aver venduto alcun Bitcoin da ottobre 2020. Tutto questo è inutile dire che aggiunge ulteriore pressione al valore di Bitcoin sul mercato.
Bitocoin: 3 problemi per i minatori
I minatori attualmente stanno affrontando tre grossi problemi. Il primo riguarda il prezzo di pareggio del Bitcoin, ossia quello che rende conveniente l'estrazione. Secondo le stime di JP Morgan, in media il costo di produzione per moneta è di circa 15.000 dollari, appena il 27% in meno rispetto alle quotazioni attuali. Questo significa che occorre risparmiare molto sui costi fissi, limitando la capacità di espansione, soprattutto per le aziende più piccole.
Il secondo problema allude ai piani d'ingrandimento che sono stati messi in atto lo scorso anno, quando Bitcoin aveva raggiunto il record storico a novembre di 68.990 dollari. Questo ha comportato un crollo di liquidità per i minatori. Ad esempio, il mese scorso Marathon ha riferito di un calo della liquidità disponibile alla fine del primo trimestre 2022 di 150 milioni di dollari a 118 milioni di dollari, principalmente a causa dei corposi investimenti dell'anno prima.
Il terzo riguarda il rialzo dei tassi sul mercato, che rende più difficile per i minatori prendere a prestito denaro a condizioni ragionevoli per finanziare l'attività estrattiva. Ecco che alla fine la vendita di Bitcoin risulterà essere il modo migliore per poter raccogliere fondi.