Bitcoin: 5 motivi che spiegano il peggior trimestre dal 2011 | Investire.biz

Bitcoin: 5 motivi che spiegano il peggior trimestre dal 2011

04 lug 2022 - 07:15

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Bitcoin è stato travolta da un'ondata di vendite in questa prima metà del 2022. Sono diverse le ragioni che hanno allontanato gli investitori dalla cripto, vediamole

Il semestre che si è appena concluso è stato caratterizzato da una serie di record negativi per Bitcoin. Dopo che a novembre del 2021 la principale criptovaluta aveva raggiunto il massimo storico a 68.990 dollari, è calato l'inverno e ha perso progressivamente quota fino a chiudere la prima metà del 2022 sotto il 20.000 dollari. In particolare, l'ultimo trimestre è stato il peggiore dal 2011 con una perdita del 58%. Mentre giugno, con il calo delle quotazioni del 33%, ha rappresentato il peggior mese della storia di Bitcoin. 
 

Bitcoin: ecco perché il prezzo è crollato

Per spiegare il perché gli investitori abbiano perso così tanto interesse nei confronti di un asset a cui fino a poco tempo erano quasi morbosamente legati e che ritenevano la nuova frontiera degli investimenti e non solo, bisogna ricorrere a una serie di concause. Queste prese singolarmente probabilmente sarebbe state pesanti, ma insieme hanno costituito un mix micidiale. Ve ne sono cinque in particolare. 
 
La prima riguarda la Federal Reserve. La politica monetaria della Banca Centrale americana ha condizionato il sentiment generale di mercato, danneggiando soprattutto le attività a rischio. Quest'anno la Fed ha alzato per ben tre volte i tassi d'interesse e lo farà almeno per altre quattro volte entro la fine dell'anno. Lo scopo è quello di tentare di invertire la dinamica dell'inflazione americana, che ha raggiunto l'8,6%, ossia il massimo da 40 anni, e che rischia di andare fuori controllo.
 
Così facendo, però, l'istituto centrale agita lo spettro della recessione, ragion per cui gli investitori fuggono dagli assets più volatili per rifugiarsi in quelli più sicuri. La cosa ovviamente è una dimostrazione plastica di quanto ciò che si era ipotizzato circa il ruolo di Bitcoin come bene rifugio o a copertura dell'inflazione venga destituito di ogni fondamento. La moneta virtuale è un asset rischioso e come tale paga dazio quando sul mercato regnano l'incertezza e la paura.
 
La seconda allude al collasso della stablecoin TerraUSD. Quello che è successo a maggio di quest'anno ha sbalordito il mercato, con il progetto di Terraform Labs naufragato con il tracollo del token UST e della criptovaluta LUNA a cui era legato. TerraUSD (o UST) era una stablecoin algoritmica che mirava a mantenere la parità con il dollaro USA attraverso un meccanismo matematico molto complesso che comportava la creazione e distruzione di UST e LUNA per rispettare il peg.
 
In altri termini, quando il mercato cominciava a vendere UST facendone abbassare il prezzo, si innescava l'algoritmo che vendeva token LUNA per comprare TerraUSD riportando il rapporto con il dollaro 1 a 1. Il processo inverso si creava quando le quotazioni di UST iniziavano a salire. Il meccanismo a un certo punto si è inceppato, perché i token LUNA non riuscivano più a sostenere il crollo di UST e le due cripto si sono dissolte.
 
L'ultima mossa disperata è stata quella di far affidamento a una riserva di Bitcoin per coprire la voragine, ma la cosa non ha avuto successo. Il collasso di TerraUSD ha gettato gli investitori nel panico, che hanno cominciato a liberarsi alla cieca di ogni risorsa digitale, compreso ovviamente Bitcoin.
 
La terza concerne il prestatore crittografico Celsius. La società raccoglie depositi di criptovaluta riconoscendo un rendimento fino a oltre il 18%. Questi fondi vengono girati a soggetti istituzionali che li utilizzano per i loro progetti crittografici e che sono disposti a pagare tassi di interesse molto alti per prendere in prestito. Il meccanismo ha funzionato fino a quando le quotazioni delle criptovalute si sono mantenute alte, ma una volta che sono crollate il modello ha fatto acqua. Al punto che Celsius ha dovuto sospendere i prelievi citando "condizioni di mercato estreme". 
 
La quarta si riferisce alla messa in liquidazione di Three Arrows Capital. L'hedge fund crittografico è uno dei più importanti del settore e per anni ha preso a prestito da finanziatori come BlockFi e Genesis per puntare sulle valute digitali. Con la debacle che si è vista negli ultimi mesi delle criptovalute, sono scattate le richieste di margine.
 
I prestatori hanno cominciato a liquidare le attività che il fondo aveva messo a garanzia ma, di fronte alla richiesta di fornire altri fondi per ripristinare il margine, Three Arrows ha alzato bandiera bianca. Per di più è stato inadempiente in merito a un finanziamento di 660 milioni di dollari erogato da Voyager Digital. L'unica strada che è rimasta all'hedge fund è quella della messa in liquidazione della società.
 
La quinta riguarda CoinFlex. Come Celsius, anche l'exchange ha interrotto i prelievi lo scorso mese alludendo a "condizioni di mercato estreme". Un cliente di alto profilo, l'investitore crittografico Roger Ver, si è trovato con il conto in rosso di 47 milioni di dollari.
 
Come è stato possibile se solitamente le posizioni vengono liquidate prima? In realtà tra l'exchange e l'investitore vi era un accordo bilaterale affinché ciò non avesse luogo. Adesso, per coprire il buco da 47 milioni di dollari, CoinFlex ha emesso un nuovo token denominato Recovery Value USD, che offre un tasso di interesse del 20%. Si cammina insomma sempre sul filo del rasoio.
 
 
 

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