Le Big Tech sono tornate a guidare i guadagni dell'indice S&P 500 a Wall Street. Ora il principale benchmark della Borsa americana si trova a meno del 4% dal suo massimo storico registrato a febbraio 2025 e gran parte del rimbalzo dai minimi di aprile - quando è scoppiata la guerra commerciale tra gli Usa e il resto del mondo - è da attribuire al rally delle megacap tecnologiche.
Secondo i dati rilasciati da Bloomberg, il gruppo ha determinato quasi la metà dell'incremento del 19% dell'S&P 500 dal 9 aprile. Nvidia guida la quota di guadagno con un peso del 12,1%; seguono Microsoft con il 10,1%, Apple con il 5,5%, Broadcom con il 5,1%, Tesla con il 4,4%, Amazon con il 4,1%, Meta Platforms con il 3,8%, Alphabet con il 3,6% e Netflix con l'1,8%. Sempre da quella data, Tesla è stato il titolo in Borsa che è aumentato di più, grazie a un profitto del 56,16%, mentre Nvidia è avanzato del 40,32% e Microsoft del 29,84%.
Da anni le Big Tech stanno condizionando fortemente l'andamento dei listini americani, visto il peso specifico che hanno negli indici. Infatti, se ad esempio si fa il raffronto tra le performance dell'indice S&P 500 normale e quello "equal weighted", si ottengono dei risultati molto diversi.
In altri termini, il grande rendimento del primo in questi anni non ha trovato conferma nel rendimento del benchmark che assegna a tutti i 500 componenti lo stesso peso. Ciò ha fatto sorgere delle preoccupazioni negli investitori, perché un crollo di una manciata di titoli avrebbe potuto determinare - come poi è stato - la caduta di un intero mercato.
Wall Street: ora cosa aspettarsi dalle Big Tech?
La stagione degli utili delle Big Tech è stata nel complesso confortante, soprattutto in relazione al tema che ha spinto fino ad oggi le quotazioni a Wall Street: l'intelligenza artificiale.
Le prospettive su come la nuova tecnologia potrà determinare un aumento dei ricavi e degli utili sono rimaste intatte, mentre le aziende continueranno a investire massicciamente. Anche i dazi americani non dovrebbero rappresentare più di tanto una minaccia, stando alle guidance delle società.
"Mi sento davvero sollevato riguardo al fatto che la tecnologia esca bene da questa stagione degli utili", ha detto Brett Ewing, chief market strategist di First Franklin Financial Services.
"C'è ancora più benzina in questo serbatoio". Ancora il gruppo è in ritardo quest'anno rispetto all'S&P 500 in termini di performance. Si tratta di un evento molto raro considerando l'ultimo decennio. In particolare, ha contribuito l'andamento negativo di Apple e Amazon ad appesantire i rendimenti. Ma questa, per Ewing, potrebbe essere un'occasione ghiotta per gli investitori.
"L'acquisto del calo tecnologico sarà un tema per tutto l'anno. Ci sono ancora molti soldi ai margini e devono essere messi al lavoro", ha detto.
Anche Keith Lerner, co-chief investment officer di Truist Advisory Services, è ottimista e vede le Big Tech guidare il mercato più ampio al rialzo nell'ultima metà del 2025. "La nostra opinione è che gli utili potrebbero essere ancora forse più piatti, ma probabilmente avranno meno ribassi di quanto avremmo pensato all'inizio della stagione delle trimestrali", ha detto. Quindi, "gli investitori saranno attratti di nuovo verso questi nomi con una crescita secolare", ha aggiunto.
I rischi però sussistono. Innanzitutto, le politiche commerciali del presidente degli Stati Uniti
Donald Trump potrebbero tornare a inasprirsi
riproponendo la guerra commerciale. La scorsa settimana, il capo della Casa Bianca ha accusato la Cina di aver violato l'accordo con gli Usa per allentare le tariffe e ora potrebbe imporre restrizioni più ampie al settore tecnologico del Paese.
In secondo luogo, le valutazioni delle Big Tech a Wall Street sono ancora elevate. Le Magnifiche Sette scambiano a circa 30 volte i guadagni attesi, a fronte di solo 21 volte dell'S&P 500.
"Essere sovrappesati sulla tecnologia qui rasenta l'incoscienza, perché avresti una percentuale così enorme del tuo portafoglio in questo settore, e questo ti lascia vulnerabile", ha affermato Barry Knapp, managing partner di Ironsides Macroeconomics, che ha dichiarato di diffidare delle ricche valutazioni delle Big Tech.