La Borsa americana nelle ultime settimane si è manifestata all'insegna dei rialzi, che le hanno permesso di recuperare buona parte delle perdite dei primi 2 mesi e mezzo dell'anno in corso.
Non ci sono motivi veramente importanti che hanno determinato questo ritorno agli acquisti da parte degli investitori. Probabilmente una mancanza di attrazione verso i titoli meno rischiosi e anche il fatto che il mercato abbia assorbito gran parte delle notizie negative che potevano sopraggiungere.
Ciò non toglie che la situazione a livello macroeconomico e geopolitico è ancora in bilico. In tutto il mondo si stanno ventilando ipotesi di recessione e la guerra Russia-Ucraina sembra ancora lontana da una risoluzione.
Wall Street: ecco cosa può determinare il calo delle azioni
I rialzi di questi ultimi tempi quindi dovranno essere presi con molta cautela, prima di parlare di un ri-test dei massimi storici dei principali indici azionari. In realtà vi sono 3 venti contrari che potrebbero affossare le quotazioni nei prossimi mesi, che presi singolarmente avrebbero magari un effetto più limitato, ma considerati tutti insieme esercitano un peso ben diverso.
Il primo vento contrario riguarda l'inflazione. Negli Stati Uniti l'indice dei prezzi al consumo ha raggiunto già il 7,9%, massimo da 40 anni, ed è in crescita rapida da molto tempo. Il problema fondamentale è che la crescita dei prezzi non deriva da un'economia che si riscalda, ma dal fatto che vi sia
carenza d'offerta legata all'approvvigionamento di materie prime e componenti. Questo comporta il rischio di intervenire come sta facendo la
Federal Reserve sui tassi d'interesse, perché potrebbe causare un crollo della crescita senza ottenere l'effetto sperato di raffreddare il carovita.
Il secondo vento contrario concerne gli utili attesi delle aziende. Anche durante l'anno pandemico Wall Street ha galoppato, dopo lo shock di marzo 2020, perché le società hanno piazzato risultati trimestrali da leccarsi i baffi. Nel 2021 gli analisti si aspettavano una crescita dei guadagni del 50%, quest'anno solo del 9%. È chiaro come sia difficile ripetere una stagione stellare, ma in tal caso si tengono conto tutti gli effetti derivanti dall'instabilità geopolitica, economica e finanziaria a livello internazionale.
Un terzo vento contrario è determinato dall'aumento dei rendimenti obbligazionari. I T-Note a 10 anni sono saliti in termini di rendimento fino al 2,55% questo mese, come non accadeva dal 2019. E con le prospettive di aumento del costo del denaro della Fed quest'anno per ben 7 volte, è probabile che i rendimenti aumenteranno ancora.
Questa non è una buona notizia per le azioni. Le famiglie e le imprese verranno penalizzate da costi per mutui e finanziamenti più alti e ciò potrebbe compromettere gli investimenti e la crescita economica. In particolare sarebbero svantaggiati quei titoli come i tech che puntano molto sulla crescita e contano quindi sul capitale di prestito in leva. Inoltre, i flussi reddituali futuri attualizzati a un tasso più alto valgono meno, determinando quindi un calo di valutazione delle azioni.
Questi 3 venti contrari insieme non sono affatto di buon auspicio. In base ai dati di Bank of America, in 4 delle ultime 5 occasioni in cui ciò si è verificato, l'indice S&P 500 per quell'anno è sceso. L'unica eccezione è stata nel 2005, allorché il benchmark ha guadagnato il 3%. In media nelle 5 occasioni invece la perdita è ammontata all'11,4%.