Il 23 settembre del 2020 rappresenta uno spartiacque importante nei mercati azionari di Wall Street. Da quella data infatti i titoli value hanno cominciato a sovraperformare quelli growth, con gli investitori che diventavano più ottimisti riguardo la ripresa economica.
La popolazione mondiale era ancora nel pieno della pandemia e i vaccini anti-Covid, la cui sperimentazione procedeva comunque ad ampie falcate, erano poco più di una speranza.
Quando quest'ultima ha cominciato a diventare più concreta e le principali aziende farmaceutiche erano giunte alla fase finale prima di chiedere l'autorizzazione all'uso del vaccino, si è realizzato che il cambiamento nelle scelte di portafoglio era ormai cosa effettiva. Da allora l'indice Russell 1000 Value è cresciuto del 31%, più del doppio rispetto all'indice Russell 1000 Growth.
Azioni value: l'importanza della Federal Reserve
La ripresa economica ha sempre strizzato l'occhio alle azioni cicliche nella Borsa americana. Di conseguenza quanto più concorrono quei fattori che mirano a tirare l'economia globale fuori dai guai pandemici, tanto più gli investitori sono portati a scommettere su quei titoli che possono agganciarsi al ciclo economico.
Per questa ragione la presenza della Federal Reserve è stata di importanza vitale. Per tutto il 2020 e per questi primi mesi del 2021, la Banca Centrale statunitense ha pompato denaro a ritmo sostenuto. Basti pensare che la quantità di moneta circolante dallo scoppio della pandemia è aumentata del 25%, raggiungendo una quota assoluta di 19 mila miliardi di dollari. E non si può certo dire che l'istituto monetario si fosse risparmiato nel periodo pre-covid, visto che comunque l'economia a stelle e strisce era costantemente accomodata da una politica monetaria ultra espansiva di lunga data.
Il ruolo che giocherà la FED nei prossimi mesi, se non nei prossimi anni, sarà essenziale riguardo al discorso del costo del denaro. Mantenerlo basso, come è stato promesso dal suo Governatore Jerome Powell, significherà anche evitare il rialzo dei rendimenti sul mercato, che si rivela esiziale per i titoli legati alla crescita. Ma se tutto ciò rientra nell'ambito della politica dovish di Washington, trovare il giusto equilibrio permetterà di spostare l'asse da una sponda all'altra dove si trovano confinate le azioni value e quelle growth.
Azioni value: la correlazione con le materie prime
Partendo da un'analisi statistica di Stifel, banca d'investimento americana, è possibile rilevare che i prezzi delle materie prime sono storicamente correlati con quelli dei titoli value, perché entrambi hanno sempre trovato propulsione nella crescita monetaria.
Da settembre infatti le quotazioni delle commodities hanno iniziato un ciclo rialzista e, facendo riferimento al quadro storico, gli analisti dell'istituto finanziario stimano che potrebbero crescere ancora del 50% entro il 2024.
Le azioni value però non hanno seguito in termini quantitativi esattamente la stessa performance finora pertanto, se nei prossimi 3 anni il rendimento dovesse allinearsi a quello delle materie prime, i titoli ciclici potrebbero sovraperfomare le azioni growth del 40%.
Queste ovviamente sono solo delle supposizioni statistiche, che potrebbero essere sempre smentite poi dalle dinamiche di mercato. Alcuni segnali però sono già eloquenti e quantomeno costituiscono le basi per mettere in guardia l'investitore.