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Le principali banche d'affari a livello mondiale hanno inserito in portafoglio assets rischiosi al ritmo più alto degli ultimi 5 anni;
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La motivazione risiede nell'incertezza di valutazione degli assets legata alla pandemia e anche nelle potenzialità di profitto;
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Gli analisti mettono in guardia contro possibili peggioramenti del quadro economico globale con riflessi sui bilanci degli istituti di credito
Potrebbe essere un segnale d'allarme. Nel primo semestre 2020, molte grandi banche d'investimento mondiali hanno aumentato in maniera considerevole gli assets di livello 3 nel proprio attivo patrimoniale. È un altro degli effetti che la pandemia ha rilasciato nel sistema economico-finanziario degli istituti di credito.
Le attività di livello 3 rappresentano la categoria più rischiosa tra quelle in cui vengono solitamente suddivise le operazioni bancarie. Il livello 1 riguarda gli strumenti trasparenti e comunque facilmente liquidabili come le azioni; il livello 2 include derivati di più difficile valutazione ma dai prezzi tracciabili; il livello 3 invece ha a che fare con tutto ciò che è più oscuro nel bilancio degli istituti di credito: debiti in sofferenza, obbligazioni garantite da ipoteca, prestiti ad alto rischio. Tutti elementi questi ultimi che possono essere valutati solo in base alle tendenze storiche e alle proprie ipotesi.
La motivazione per cui vi è stata un'autentica impennata di questi asset non è molto chiara. Alcuni analisti attribuiscono il tutto alla sopravvenuta incertezza sulla valutazione delle attività generata dal nuovo scenario determinato dalla crisi pandemica. Altri invece ritengono che le banche abbiano speculato sulla potenzialità di guadagno che proprio la situazione di confusione e di caos ha servito su un piatto d'argento.
Aumento degli asset ad alto rischio: le banche coinvolte e le cifre
Il balzo delle attività di livello 3 è stato il più imponente degli ultimi 5 anni. Alcune banche come Barclays, Citigroup, BNP Paribas e Socièté Genèrale hanno aumentato la rischiosità degli assets per un cifra che si aggira intorno ai 250 miliardi di dollari. Per istituti di credito del calibro di Deutsche Bank, Credit Suisse Group, Barclays, Socièté Genèrale e Credit Agricole vi è una quota di rischio superiore del 30% rispetto agli strumenti finanziari di classe 1.
A guidare la classifica del maggior aumento di attività da alto rischio da inizio 2020 vi è Citigroup. La multinazionale americana del credito ha apportato in bilancio l'80% in più di asset di livello 3, che corrisponde a 14,5 miliardi di dollari. Al secondo posto vi è l'incremento del 28% di Goldman Sachs equivalente a 29,4 miliardi di dollari. La banca d'affari americana detiene più che altro investimenti in merchant banking, di difficile valutazione.
Un'altra situazione complessa è quella di Deutsche Bank, che ora mette a rischio il CET1 visto che le attività di questo genere rappresentano più della metà dell'indicatore di solidità patrimoniale. Socièté Genèrale ha trasferito miliardi di derivati esistenti ed ha anche acquistato quantità di obbligazioni, prestiti e altri titoli, aumentando così del 53% il livello degli assets rischiosi. Barclays ha messo su un 40% in più di tali attività in portafoglio, attraverso prestiti non garantiti da attività.
Aumento degli asset ad alto rischio: le conseguenze
Le attività di livello 3 non godono di buona reputazione dal momento che includono tutte quelle operazioni considerate tossiche, quindi soggette a perdite e nascoste al pubblico degli investitori. Ne è convinto di questo Michael Huenseler, gestore di Assenagon Asset Management a Monaco. Secondo l'esperto le banche europee hanno anche un deficit di trasparenza rispetto a quelle americane, per questo gli assets siano più difficili da valutare.
Meno perentorio il giudizio di George Kuznetsov, analista di McKinsey a Londra. L'analista mette in luce come una banca che è ben guidata e che ha operato con esperienza sia avvantaggiata molto, in quanto i profitti record raccolti con le attività a rischio possono compensare le perdite derivanti dalla devastazione causata dalla pandemia. Dello stesso avviso Jérôme Legras di Axiom, che comunque sottolinea che laddove la gestione del rischio sia stata carente a quel punto le attività automaticamente si tramutano in perdite. Infine un effetto da tenere in considerazione riguarda le autorità di regolamentazione.
Nel 2008 queste entità erano finite sulla graticola per via della grande crisi finanziaria che ha messo in ginocchio i conti delle banche a livello planetario. Per questa ragione il rischio che la cosa possa ripetersi è molto alto per Kathryn Judge, Professore di diritto specializzato in finanza presso la Columbia University di New York. Il giudice sollecita le autorità a vigilare attentamente in merito alle tecniche di valutazione che le banche adottano per valutare gli asset rischiosi. Già quest'anno vi è un aumento che è arrivato ad assumere le stesse dimensioni del PIL della Finlandia e questo è un aspetto che non farà di certo dormire sonni tranquilli.