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Saudi Aramco lascia a casa 500 lavoratori per proteggere il dividendo da 75 miliardi di dollari;
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La crisi del petrolio non ha risparmiato nessuno, altri big settoriali hanno tagliato la forza lavoro;
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Con l'acquisizione di Sabic, la compagnia di Riad prevede una diversificazione degli investimenti.
Lo tsunami del petrolio di questi ultimi mesi ha travolto tutto e tutti. Il calo della domanda dettato dal lockdown, i centri di stoccaggio saturi e le faide interne dell'OPEC+ hanno squassato i conti di gran parte delle shail oil companies. Alcune sono fallite, molte sono sopravvissute a stento, altre notevolmente ammaccate. La ripresa delle quotazioni del greggio ha ridato fiato e soprattutto speranza ai produttori, che contano nel ritorno alla normalità per recuperare le perdite.
Anche oggi il prezzo del petrolio ha il segno verde sul mercato delle materie prime, con i Futures sul Brent a 42 dollari e il WTI che rivede quota 40 dollari al Barile. Il problema è che rispetto all'anno scorso i valori dell'oro nero sono la metà e questo inevitabilmente incide ancora gravemente sui bilanci aziendali e sulle conseguenti decisioni strategiche.
Da questo bailamme non ne esce indenne nemmeno il gigante del petrolio, Saudi Aramco. Da indiscrezioni Reuters la compagnia del principe Mohammed Bin Salman ha pronta una valanga di lettere di licenziamento per tagliare i costi. Dovrebbero essere 500 i lavoratori lasciati a casa, cifra che corrisponde al 5-6% della forza lavoro.
Licenziamenti: quella promessa da 75 miliardi fatta in IPO
Nessuno forse se lo aspettava. ma Riad aveva già dato una sforbiciata agli investimenti per il 2020, portandoli dai 40 miliardi a budget a 25-30. I conti del primo trimestre hanno risentito della crisi pandemica ma, rapportati a quelli delle altre Major del petrolio, non c'è proprio storia. Gli utili si sono ridotti del 25% ma con una quota di 16,6 miliardi sono almeno il doppio degli earnings dei primi 5 Big del settore. La cassa nonostante tutto ha generato 15 miliardi di introiti.
Ma allora, se i costi sono stati contratti e la società ha prodotto comunque profitti e liquidità, perché la decisione di licenziare il personale? La ragione sta tutta nel super dividendo da 75 miliardi che Saudi Aramco aveva promesso agli investitori in fase di partecipazione all'IPO. E la prima tranche che arriverà a breve non trova capienza con il denaro delle casse societarie.
A questo si aggiunge anche l'acquisizione di Sabic, società saudita attiva nel settore petrolchimico, conclusasi mercoledì scorso. L'operazione infatti comporterà un esborso di 69,1 miliardi di dollari, sebbene il pagamento verrà diluito in 8 anni.
Ad aggravare la situazione anche la sospensione per un anno delle commesse per lo sviluppo di pozzi offshore alla britannica Noble Corp e all’emiratina Shelf Drilling. Il piano avrebbe apportato alla compagnia saudita la crescita della capacità produttiva di 500 mila barili al giorno.
La cosa da un lato avrebbe messo una pezza alle perdite di produzione di giacimenti di petrolio non più funzionanti, dall'altro avrebbe permesso di estrapolare gas per il consumo domestico.
Settore petrolifero: non solo Saudi Aramco ha tagliato i posti di lavoro
La compagnia petrolifera di Riad non ha fornito molti dettagli sull'operazione. Una nota della società ha riferito solo che allo stato attuale Saudi Aramco sta esaminando e rivedendo tutte le spese operative in modo tale da garantire una certa redditività aziendale di lungo termine.
Questo può avvenire soltanto mantenendo una certa agilità e capacità di adattarsi alle nuove situazioni, come il contesto economico che è venuto fuori dalla pandemia. Ad oggi i dipendenti della compagnia sono oltre 70 mila. Fonti vicine alla società affermano che ogni anno azioni simili avvengono all'interno dell'azienda e che la maggior parte di coloro che hanno perso il lavoro erano stranieri.
Tuttavia fino ad oggi altri produttori energetici hanno seguito la stessa linea. E anzi se si fa un paragone di settore, si può affermare che in risposta al Covid-19 la forza lavoro è stata ridotta in media del 10%-15%; praticamente almeno il doppio rispetto a quanto ha fatto Saudi Aramco.
Ecco alcuni esempi:
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Qatar Petroleum, produttore di petrolio e gas statale del Qatar, ha licenziato 800 dipendenti. In un'e-mail inviata ai dipendenti Saad Sherida al Kaabi, Presidente e AD dell'azienda, ha scritto che sono stati sacrificati anche persone che hanno servito l'azienda per tantissimi anni, ma la decisione era inevitabile vista la riduzione della domanda globale di prodotti petroliferi. Ad ogni modo la società non prevede nuovi tagli per il futuro.
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Gulf Keystone Petroleum ha dichiarato oggi che taglierà circa il 40% della sua forza lavoro per via della riduzione della spesa operativa prevista per il 2020: 3,1 dollari al barile, in calo rispetto ai 3,9 al barile dell'anno scorso.
Mentre il Kuwait ha in programma di interrompere l'assunzione di stranieri per il suo settore petrolifero per un anno, stando alle dichiarazioni di questo mese del suo Ministro del Petrolio, Khaled al Fadil.
Saudi Aramco in Borsa
Gli effetti della decisione della compagnia di Riad sui mercati probabilmente si vedranno con la riapertura delle Borse saudite di domenica. Con l'ultima seduta (+1,38%) le quotazioni hanno in pratica recuperato interamente le perdite causate dai crolli pandemici.
Il titolo azionario è anche galvanizzato dall'ultimo accordo raggiunto con Sabic, grazie a cui il fondo sovrano PIF riceverà svariati miliardi da investire in centri commerciali e villaggi turistici.
Questa forma di diversificazione sarà di estrema importanza, secondo i vertici di Riad, in quanto ridurrà la dipendenza dell'Arabia Saudita dall'export del greggio e la metterà al riparo da altri shock energetici come quello vissuto in questi mesi.