Su Meta Platforms pende una possibile cartella esattoriale da 870 milioni di euro dall'Agenzia delle Entrate italiana per IVA non versata dal 2015 al 2021. L’Amministrazione finanziaria attende il parere della Commissione Europea, a seguito dell’invio lo scorso settembre di una richiesta di parere tecnico per "il trattamento IVA delle prestazioni di servizi online forniti dal social network a fronte della messa a disposizione dei dati personali dei propri utenti”.
Secondo indiscrezioni, la risposta potrebbe arrivare all'inizio del prossimo anno, sebbene non ci sia una tempistica prefissata per un parere tecnico. Ad ogni modo, quest'ultimo non è vincolante, ma se ci dovesse essere una risposta negativa, probabilmente l'Agenzia delle Entrate si sentirebbe frustrata dall'andare avanti nella sua inchiesta viste le ripercussioni che ciò potrebbe avere nel settore della tecnologia e in ambito politico internazionale. "Il Comitato IVA si occupa regolarmente di questioni sollevate dagli Stati membri ed è un comitato consultivo indipendente al quale la Commissione fornisce solo servizi di segreteria, senza essere responsabile dell'esito di alcuna consultazione", ha affermato l'ufficio stampa della Commissione Europea.
Meta Platforms: le contestazioni dell'Agenzia delle Entrate
Entrando nel merito delle contestazioni sollevate dall'Agenzia delle Entrate, si evince che l'organo fiscale italiano ritenga che le iscrizioni gratuite alle piattaforme gestite da Meta, quali Facebook e Instagram, richiedano la cessione dei propri dati personali che hanno un valore economico, potendo essere profilati. Ciò implicherebbe la configurazione di transazioni commerciali vere e proprie, che si renderebbero passibili di imposizione fiscale ai fini IVA.
A supporto di questa impostazione, vi è la sentenza n. 2631 del 2021 del Consiglio di Stato che parla di pratica ingannevole in quanto le operazioni di accesso alla piattaforma in cambio della cessione dei dati personali non sono gratuite ma onerose. Considerare questo "scambio" dati utente-azienda come una permuta di beni differenti quindi diventa il punto centrale su cui potrebbe snodarsi tutta la vicenda. Meta Platforms si è opposta a tale impostazione, ritenendo che l'azienda paga tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui opera e che l'accesso da parte degli utenti alle piattaforme online non debba essere soggetto al pagamento dell'IVA.
Cosa significa la decisione della Commissione UE
Il pronunciamento della Commissione Europea potrebbe avere un grande significato al di là della questione Meta Platforms, perché abbraccia tutto il settore della mega-cap tecnologiche su un tema molto spinoso qual è quello della tassazione. Negli ultimi anni, tra Stati Uniti ed Europa ci sono state tensioni in merito al fatto che le big tech americane non fossero tassate per come dovuto. Al riguardo, nel 2021 il governo USA è arrivato a minacciare dazi al Vecchio Continente se le aziende a stelle strisce fossero state sottoposte a una aggressiva campagna di repressione dal punto di vista fiscale. Quest'anno, dalla due sponde dell'Atlantico si è discusso della "digital tax", ma questa estate la trattativa si è sposata all'anno venturo, il che significa che l'imposizione di questa tassa rimarrà in freezer per tutto il 2024.