Oggi inauguriamo una mini rubrica suddivisa in 3 appuntamenti che, passo dopo passo, ci aiuterà a capire cos’è l’economia circolare e perché a mio avviso rappresenta una grande opportunità d’investimento per i prossimi decenni.
Al corso opportunity 2020 – speciale azioni Italia abbiamo riservato uno spazio importante all’analisi delle aziende italiane che più di altre stanno incentrando il proprio core business nello sviluppo di tecnologie in grado di realizzare e sfruttare i vantaggi che offre la circular economy. A tal proposito, siccome l’argomento ha suscitato grande interesse, vorrei portare alla vostra attenzione i motivi che mi spingono ad investire con determinazione in questo settore.
Per fare bene il mio lavoro, “ahimè”, tocca dedicare questa prima parte ad aspetti più strettamente normativi che economici. Vi assicuro però che per capire dove si sta orientando l’Europa e di conseguenza l’intero pianeta è fondamentale conoscere, per sommi capi, sia la cornice legislativa che alcuni termini chiave della materia ambientale.
Economia circolare vs economia lineare: la differenza dei paradigmi
Intanto partiamo dalla definizione più semplice: cos’è l’economia circolare? Essa è l’evoluzione della vecchia economia lineare, che si fondava sul concetto del “prendi – produci – smaltisci”, per cui il processo era: acquisto un prodotto (Prendi), lo consumo fino a considerarlo un rifiuto (produci) e lo getto in discarica o al massimo in un inceneritore “tale e quale” (smaltisci).
L’economia circolare invece poggia le basi sulle cosiddette 3R: “ridurre”, ovvero realizzare lo stesso bene o servizio con un minore consumo di risorse, privilegiando quelle che impattano meno sull’ambiente; “riutilizzare”, cioè impiegare più volte lo stesso bene evitando di consumare materie prime, riducendo altresì gli sprechi e le necessità di smaltirli; “riciclare” infine significa che un bene è arrivato a fine vita e si cerca di recuperare la materia contenuta e trasformarla in modo da poterla riutilizzare, diminuendo gli smaltimenti e i consumi.
Da queste semplici definizioni capiamo che intanto i termini “smaltire” e “riciclare” sono antitetici e quindi, pur essendo inseriti entrambi all’interno del più ampio concetto di gestione del rifiuto, diciamo che la tendenza nel futuro è sempre più quella di una gestione volta al riciclo piuttosto che allo smaltimento.
Altro punto cardine che ci guiderà per tutto il percorso è dato dallo sviluppo tecnologico che si sta muovendo attorno all’economia circolare, in quanto, al fine di poter migliorare le tecniche da utilizzare per la realizzazione delle famose 3R, è necessario adottare le “Migliori tecniche disponibili” (in inglese Best Available Techniques o B.A.T.). Badate bene che quest’ultima locuzione non è frutto di una mia invenzione, bensì è la disposizione dell’art. 29 bis del D.lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale), norma che a sua volta trae fondamento dall’ordinamento comunitario.
Vi dirò di più. L’Unione Europea ha creato un organo tecnico che predispone e pubblica sul sito European IPPC Bureau i risultati delle innovazioni e dei progressi tecnologici raggiunti, a cui tutte le aziende dovranno adeguarsi. Per chi di voi consulterà il sito indicato vedrà che le B.A.T. si inseriscono nel più ampio tema della tutela ambientale e riguardano anche le migliori tecniche da dover utilizzare per ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, per cui, un qualsiasi impianto di nuova costruzione o già esistente, prima di poter esercire o di continuare ad esercire la propria attività, dovrà garantire parametri di sostenibilità ambientale in linea con quelli pubblicati dall’organo tecnico.
Ultimissimo chiarimento terminologico lo ritroviamo nella distinzione tra la parola “Recupero” e “Riciclaggio”. Erroneamente la gran parte di noi pensa che il secondo termine comprenda tutto il processo fin qui descritto, ma in realtà il “Recupero”, ai sensi dell’art.183 lett. t, è “qualsiasi” operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile. La definizione completa è più lunga, ma evidenzio la parola “qualsiasi” perché comprende anche le operazioni da cui si generano energie rinnovabili, settore oggi cruciale per la salvaguardia dell’ambiente.
Economia circolare: quadro normativo, appalti green e responsabilità del produttore
Studiare un po’ di diritto prima di investire i nostri soldi in titoli azionari sarebbe cosa buona e giusta: sapete perché? Vi rispondo con un’altra domanda: investireste i vostri risparmi in settori non adeguatamente tutelati o comunque normati dal vostro legislatore? Personalmente no e infatti 20 anni fa, quando l’economia circolare di fatto non esisteva, sarebbe stato avventato investire in assenza di una precisa legislazione che regola e anzi incentiva, o meglio ancora obbliga a favorire l’economia circolare. Detto questo, brevemente, vediamo i principali passaggi legislativi che hanno caratterizzato la materia.
In primis il TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) si riserva, tra le sue competenze primarie, di legiferare in materia ambientale con espresso riferimento anche alla parte sulla gestione dei rifiuti. Il secondo step ci è dato dalla direttiva UE 98/2008 che, seppur caratterizzata da vuoti normativi, pone le basi delle “3R”. Nel 2008 possiamo tranquillamente affermare che nasce la moderna economia circolare, cioè siamo nel momento in cui il legislatore europeo “ordina” sostanzialmente a tutti i suoi stati membri di adeguare le proprie normative interne affinché le stesse favoriscano lo sviluppo di un’economia ecosostenibile. Questo passaggio mettetelo in grassetto perché, a mio avviso, avere un legislatore che favorisce la crescita di un settore sotto tutti i punti di vista, anche quello fiscale, vuol dire che noi investitori dobbiamo avere gli occhi puntati in quella direzione. La terza evoluzione avviene 10 anni dopo, precisamente nel 2018, con le 4 direttive in vigore dal 4 luglio 2018, il cd “pacchetto economia circolare”, che introduce due novità importantissime:
- Entro il 2025 sono fissate percentuali altissime (in certi casi anche del 70%) di rifiuti che, a prescindere dalla loro provenienza, dovranno essere riciclati e non smaltiti;
- viene introdotto il concetto di responsabilità del produttore, ovvero dice la norma: chiunque “professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti” sarà responsabile dell’impatto del suo prodotto nel sistema ambientale, e quindi costretto a scelte consapevoli sin dalla fase di progettazione del prodotto prima che lo stessi diventi un rifiuto, con obblighi, che poi si presenteranno ancor più stringenti, in caso di prodotti e rifiuti di natura pericolosa.
Questo secondo punto segna una svolta epocale, infatti, per la prima volta anche chi produce un qualsiasi prodotto deve tener conto dell’impatto che lo stesso avrà sull’ambiente. Per esempio, una multinazionale come la Samsung, quando progetterà un nuovo telefonino, dovrà lei stessa preoccuparsi di realizzarlo con materiali ecosostenibili, dovrà inoltre assemblarlo in modo tale da riuscire, al termine del suo ciclo di vita, a scorporare le componenti più agevolmente possibile; infine, sin dall’origine della fabbricazione, il produttore dovrà prevedere la spesa per lo smaltimento residuale dei pezzi che non potrà recuperare.
L’ultimo passaggio si inserisce in realtà tra le direttive descritte sopra e riguarda le nuove disposizioni in materia di appalti votata dall’UE nel 2014. Per noi investitori rappresenta un altro momento importante, in quanto il legislatore Europeo ha previsto che le pubbliche amministrazioni (ma in realtà il discorso si allarga anche ad alcune aziende controllate e/o municipalizzate), nei criteri da adottare per i futuri appalti di lavori e servizi, dovranno inserire come titoli premianti i cosiddetti “Criteri Minimi Ambientali (C.A.M.)”.
Detta così, forse, non si ha l’idea dell’importanza che assume la nuova previsione normativa: meglio fare un esempio. Poniamo il caso che in Italia la CONSIP (Concessionaria Servizi Informativi Pubblici) indica una gara per la fornitura di PC necessari per gli Uffici di un intero ministero e nel bando vengano imposti precisi criteri circa la natura ecologica della componentistica. Ogni azienda partecipante farà di tutto per risultare vincitrice e investirà parecchi soldi in ricerca e sviluppo tecnologico in grado di garantire la sostenibilità dei materiali.
Si conclude qui il primo dei 3 appuntamenti dedicati all’economia circolare. Questo tema è centrale per il futuro, ragion per cui al corso opportunity 2020 – speciale azione Italia, abbiamo dedicato ampio spazio a quelle realtà italiane che più di tutte stanno investendo nell’ambiente.