Lo schema cum-ex è stato sempre considerato una modalità controversa, al limite dell'illecito, in quanto finalizzato a ottenere vantaggi dal punto di vista fiscale. Nell'ambito dell'inchiesta che ha coinvolto Deutsche Bank e diverse altre banche internazionali, la Corte di Cassazione tedesca nel 2021 ha emesso una sentenza storica, in cui ha affermato che il sistema può essere considerato come fraudolento. Scendiamo quindi nel dettaglio per capire come funzionano le complesse transazioni che fanno parte del meccanismo cum-ex adottato dai grandi investitori istituzionali con la partecipazione delle banche.
Cum-ex: definizione e funzionamento
Il termine cum-ex fa riferimento a un sistema di negoziazioni di azioni con (cum) o senza (ex) diritto al dividendo, dopo che una società ha annunciato ma non ha pagato la cedola. Il meccanismo consiste in una specie di arbitraggio dei dividendi, con una distinzione da fare: negli arbitraggi veri e propri si realizza un profitto dalla differenza tra il valore delle azioni cum dividendo e quello delle azioni ex-dividendo; nei regimi cum-ex il guadagno scaturisce da un doppio rimborso delle imposte pagate soltanto una volta.
Come funziona? Un tipico schema cum-ex richiede almeno tre operatori, dove l'imposta sui dividendi viene trattenuta e versata alla fonte solitamente da un istituto bancario per conto di investitori istituzionali esenti. Questi a loro volta maturano il diritto al rimborso tramite certificati fiscali emessi dalla banca. Attraverso operazioni di vendita allo scoperto e operazioni azionarie over-the-counter in prossimità della data di stacco delle cedole tra il detentore originale delle azioni e il soggetto che acquista allo scoperto da una terza parte, si ha il diritto al rimborso dell'imposta, grazie al certificato fiscale rilasciato dalla banca depositaria. Chiaramente le parti in causa si proteggono dalle fluttuazioni delle azioni attraverso strumenti di copertura.
Vediamo con un esempio di chiarire il concetto. Lo schema dicevamo coinvolge tre soggetti: un investitore Alfa che detiene azioni della società XYZ prima del pagamento del dividendo; un investitore Beta che ordina l'acquisto allo scoperto delle azioni XYZ sempre prima della cedola; un soggetto Gamma che vende allo scoperto le azioni a Beta. Quando arriva il momento del pagamento dei dividendi, supponiamo di 100 mila euro, la società XYZ versa all'investitore Alfa 74 mila euro, mentre 26 mila (corrispondenti all’aliquota sui dividendi del 26% in Italia) vengono conferiti all'Erario nella veste di sostituto d'imposta.
L'investitore Alfa però riceve un certificato bancario che gli dà il diritto di recuperare la cifra che ha versato allo Stato in quanto esentato dall'imposta, poiché l’acquisto delle azioni è avvenuto nella finestra temporale tra lo stacco e il pagamento dei dividendi. Una volta però incassato il dividendo, Alfa vende le azioni a Gamma, per un importo inferiore a 100mila euro, in quanto il dividendo è già stato distribuito. A questo punto Gamma vende le azioni a Beta che le aveva già ordinate, ma deve integrare per pareggiare il minor valore delle azioni dando dei soldi a Beta. Quest'ultimo, essendo che le azioni le aveva ordinate prima dello stacco dei dividendi, riceve un certificato bancario che gli dà il diritto di ricevere a rimborso le tasse su dividendi mai ricevuti.
Il cerchio si chiude con Beta che rivende le azioni ad Alfa, che si riappropria delle azioni. Alla fine del giro, la situazione è tornata al punto di partenza, ma nel frattempo ci sarà stato un doppio rimborso da 26mila euro ciascuno per tasse pagate una sola volta e a rimetterci sarà lo Stato.
Cum-ex: il caso Deutsche Bank
Gli schemi cum-ex sono stati utilizzati soprattutto in Germania approfittando della scappatoia nella legislazione fiscale tedesca, sebbene si siano sviluppati anche in Paesi come Danimarca, Austria, Paesi Bassi, Belgio, Francia e Italia. Agli onori della cronaca è saltato in particolar modo il caso di Deutsche Bank, coinvolta in un'inchiesta da parte della magistratura di Colonia che collabora con lo studio legale Freshfields, il quale dal 2015 conduce un'indagine interna.
Secondo le accuse, nel periodo che va dal 2001 al 2011 l'istituto bancario tedesco ha incassato milioni di commissioni attraverso un servizio di investment banking a clienti specializzati nel cum-ex. Tra l'altro, Deutsche avrebbe prestato azioni utilizzate in questo tipo di operazioni e venduto le coperture necessarie per proteggersi dalle oscillazioni dei prezzi.
La banca si è difesa sostenendo che non ha agito nei propri conti ma ha riconosciuto di aver effettuato finanziamenti per le transazioni cum-ex dei propri clienti. I dati del Ministero delle Finanze tedesco riportano che dal 2008 al 2011 lo Stato ha effettuato rimborsi per 3,9 miliardi di dollari per tali tipologie di transazioni che non erano dovuti.