Il crac della Franklin National Bank è stato fino a quel momento il più grande scandalo finanziario di tutta la storia statunitense e coinvolse l'alta finanza, esponenti politici, servizi segreti, mafia e massoneria. Le acrobazie finanziarie di Michele Sindona portarono a una crisi di liquidità talmente grave da rendere impossibile l'accesso ai capitali di quella che era la ventesima banca americana.
Franklin National Bank: origine e breve storia
La Franklin National Bank nacque nel 1926 come Franklin Square National Bank e solo nel 1947 cambiò denominazione. La sede della banca si trovava nello Stato di New York, nella Franklin Square di Long Island.
Negli anni '60 fu molto attiva nei progetti di espansione aprendo filiali a New York e fondendosi nel 1967 con la Federation Bank & Trust Company. Nel 1972 avvenne la svolta che poi portò al fallimento. Il finanziare italiano Michele Sindona acquistò il pacchetto di controllo con una serie di operazioni spericolate e da quel momento iniziò ad operare nel mercato americano.
Le sue abilità negli spostamenti di denaro attraverso i più complessi strumenti finanziari trovavano appoggio sia nei rapporti che aveva con la criminalità organizzata e la loggia massonica P2, sia nel legame stretto con i Repubblicani del Governo Nixon.
Franklin National Bank: come maturò il crollo
L'episodio chiave accadde il 2 maggio 1974. La Federal Reserve negò alla banca l'autorizzazione ad assorbire la Talcott National Corporation, società che faceva parte di una serie di istituti che gravitavano intorno a Michele Sindona. Non ci furono in quel momento motivazioni ufficiali ma, secondo gli esperti del settore, l'istituto di credito versava in una grave crisi di liquidità.
Nei corridoi di Wall Street cominciarono a circolare voci che la banca fosse sull'orlo della bancarotta e la conferma arrivò quando si diffuse la notizia che la Franklin National Bank non avrebbe distribuito i dividendi nè per le azioni ordinarie e nè per quelle privilegiate.
In Borsa scoppiò un terremoto. A pochi minuti dalla fine delle contrattazioni una serie di ordini di vendite in grandi quantità di denaro fece crollare le quotazioni della banca del 20%. Già nei giorni precedenti il titolo era stato messo seriamente sotto pressione perdendo gradualmente quota. Evidentemente qualcuno sapeva che la situazione finanziaria dell'istituto destasse più di una preoccupazione.
Il giorno del crash sparirono i compratori, nessuno voleva più acquistare le azioni della Franlink nonostante i prezzi cominciarono a diventare allettanti. Il caos si riflesse anche sulle quotazioni di altri titoli bancari. Citibank, Banker Trust, Jp Morgan e First of Chicago subirono cali tra il 3% e il 4,5%, sebbene avessero i conti in ordine e distribuissero dividendi importanti.
Franklin National Bank: un buco da 1,2 miliardi di dollari
Ma qual era la reale situazione della Franklin National Bank e perché la FED pose il veto all'operazione su Talcott National Corporation? La Banca Centrale americana aveva già tempo prima inviato all'istituto guidato da Michele Sindona alcune raccomandazioni per far fronte alla precaria situazione di liquidità.
La banca era riuscita ad ottenere un prestito dalla Manufacturers Hanover Trusta Company per 30 milioni di dollari, ma l'indebitamento continuava a crescere per via di tassi d'interesse a due cifre. Di conseguenza gli investitori si tenevano alla larga dalle obbligazioni emesse dalla banca per farvi fronte.
Questa non era una cosa da poco, in quando il finanziere di Patti era la disperata ricerca di 50 milioni di dollari per coprire solo una parte della voragine che vi era nel bilancio dell'istituto di credito. La Franklin era esposta per 1,2 miliardi di dollari nei confronti dei fondi federali, ovvero del denaro che le banche americane si prestano tra di loro.
Franklin National Bank: i tentativi di salvataggio sfumati e il fallimento
La burrascosa situazione che viveva la banca in quel periodo non consentiva molte vie d'uscita. Si ipotizzò un intervento diretto da parte della Federal Reserve per farla uscire dalla crisi oppure l'aiuto di grosse banche d'affari americane come JP Morgan, Citibank e Manufacturers Hanover. Tuttavia questi tentativi caddero presto nel vuoto e l'8 ottobre 1974 la Franklin National Bank fu dichiarata insolvente per bancarotta fraudolenta.
Il fallimento aprì la strada per una commissione d'inchiesta del Senato americano, la quale portò alla luce una serie di fatti inquietanti. Nel 1974 Michele Sindona fece passare del denaro attraverso una serie di libretti al portatore che servirono per corrompere esponenti politici italiani, vertici dei servizi segreti italiani e americani, nonché per appoggiare la campagna elettorale di alcuni partiti compiacenti.
Nel 1979 la Corte Federale di New York condannò gli amministratori della banca per bancarotta fraudolenta ma Michele Sindona riuscì temporaneamente a sfuggire alla giustizia americana inscenando un falso rapimento e rifugiandosi in Sicilia per 3 mesi dietro la copertura della mafia. Il finanziere siciliano morì poi in carcere in circostanze misteriose il 22 marzo 1986.