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Trump prepara un piano da 1.000 miliardi in infrastrutture nuove e tradizionali;
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Le coperture del progetto non si conoscono ancora e l'iter parlamentare potrebbe nascondere parecchie insidie;
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I titoli legati al cemento volano a Piazza Affari.
Donald Trump calerà gli assi. Le elezioni presidenziali si avvicinano e l'attuale inquilino alla Casa Bianca vuole lasciare il segno sull'economia americana, straziata dal Covid-19. Tutto ovviamente in ottica di una rielezione. Secondo indiscrezioni di stampa il tycoon sta preparando un gigantesco piano di investimenti infrastrutturali di 1.000 miliardi di dollari. Le aree interessate riguarderebbero non solo quelle tradizionali come strade, ponti e ospedali, ma anche la New Economy che si affaccia al 5G e alla banda larga.
Piano Trump: cosa prevede e quali difficoltà può incontrare
Attualmente un piano del genere è in vigore. Si chiama Fast Act, ideato 5 anni fa e che ha comportato una spesa di 305 miliardi di dollari. Ma il 30 settembre 2020 scade e quindi il Presidente americano ha in serbo di estendere il programma oppure di rimpiazzarlo con uno aborigeno.
Alle indiscrezioni della stampa l'Amministrazione americana non ha effettuato commenti e quindi al momento non si conoscono nemmeno i dettagli di come verrebbe sostenuta questa spesa enorme. Soltanto il portavoce alla Casa Bianca, Judd Deere, ha ribadito un concetto abbastanza risaputo; ossia che il Governo dal primo giorno di insediamento a Washington ha in mente di rendere più efficienti le infrastrutture statunitensi riguardo le strade e i ponti ormai vetusti.
Il problema a quanto pare è di natura politica. Il disegno di legge presentato a maggio di 3.000 miliardi di dollari è passato alla Camera ma ha trovato l'opposizione del Senato. Quindi questo potrebbe essere un ostacolo non da poco per il nuovo progetto. Anche perché a giugno i Democratici hanno avanzato una proposta di 500 miliardi per rinnovare le infrastrutture, adeguandole ai cambiamenti climatici. Quindi non si sa con esattezza come le due cose potranno essere conciliate.
Il problema del reperire le risorse per finanziare il piano rappresenterà con ogni probabilità la vera spina nel fianco dell'Amministrazione Trump. Il Congresso non si è mostrato granché euforico riguardo i 2.000 miliardi già stanziati per arginare la piena della pandemia; è ragionevole pensare quindi che potrebbe fare barricate prima di autorizzare ulteriori velleità di spesa pubblica. Soprattutto se non è chiaro il modo attraverso cui si attingerà alle coperture.
Secondo Mary C. Daly, Presidente della FED di San Francisco, è difficile che Trump immetta all'uopo una tassa federale sul gas come qualcuno sostiene. Questo perché il numero uno alla Casa Bianca si è sempre schierato a favore della riduzione dei prezzi del gas e in genere dell'abbassamento delle imposte, per non alterare il potere d'acquisto degli americani e ancor più dopo le ricadute del Coronavirus. A giudizio del Governatore ancora una volta la spesa verrà finanziata dal debito che la FED sarà pronta a coprire con tassi di interessi nulli.
Piano Trump: le azioni quotate a Piazza Affari che possono trarre giovamento
La notizia del gigantesco piano USA per le infrastrutture ha fatto e sta facendo da traino alle quotazioni delle Borse internazionali. In un clima che già traeva giovamento dal continuo sostegno da parte delle banche centrali, a Piazza Affari oggi brillano alcuni dei titoli del comparto che potrebbero essere avvantaggiate dal piano di Donald Trump.In primis, e come logico che sia, le azioni delle società delle costruzioni.
Una di queste è Buzzi Unicem (+10%) che ha il 40% dei ricavi e il 55% dell'EBITDA di provenienza americana. Oggi il titolo nel listino milanese ha spiccato il volo, galvanizzato tra l'altro dall'aumento del target price da parte di Citigroup (da 23 a 24 euro) e di UBS (da 22,50 a 24 euro).
Webuild (+9,70%) ha già in gestazione diversi progetti per la realizzazione e il miglioramento di reti autostradali. Grazie alla controllata statunitense Lane, oltre il 23% dei ricavi nel 2019 sono stati realizzati negli USA.
CNH Industrial (+6,65%) ha solo il 10% del fatturato nella sezione costruzioni, però la metà arriva dagli Stati Uniti.
Anche l'ex Salini Impregilo attraverso la controllata Lane potrebbe approfittare del piano visto che genera il 20% del fatturato in USA ed è una società particolarmente sensibile alle infrastrutture tradizionali come ponti e autostrade.
Infine da ricordare Cementir (+7,12%) che realizza negli Stati Uniti il 9% dell'EBITDA e Prysmian (+4,37%) che genera il 35% dell'EBITDA in Nord America.