Il cambiamento climatico coinvolge anche il settore bancario. In particolar modo l'Unione Europa ha preso una posizione netta facendo in modo che i capitali degli istituti di credito non arrivino alle aziende che non si adeguano alla riduzione delle emissioni di carbonio.
Il processo è molto più incisivo rispetto agli Stati Uniti, dove le imprese ricorrono maggiormente al mercato dei capitali per finanziare la propria attività. Questo comporta che le banche dovranno fare i conti con la situazione dei loro bilanci, rispondendo a requisiti patrimoniali più ampi qualora i prestiti fossero "impregnati" di alta intensità di carbonio.
BCE: stress test rigidi e dividendi rischio
La Banca Centrale Europea sta intanto preparando il terreno per gli stress test del prossimo anno, legandoli alla transizione energetica. In sostanza, l'istituto guidato da Christine Lagarde farà una valutazione molto approfondita circa la vulnerabilità delle banche europee alle questioni ambientali.
Già all'inizio del 2021, l'Eurotower ha inviato alle aziende di credito dei documenti riservati che indicavano come fornire dati sull'andamento dei bilanci da qui al 2050, anno in cui in Europa si dovrebbe raggiungere la neutralità di emissioni di CO2. Entro ottobre invece la BCE potrebbe fornire una metodologia attraverso la quale le banche dovranno mostrare l'evoluzione dei loro portafogli nei prossimi 10, 20 e 30 anni.
A luglio lo stesso istituto centrale ha avvertito che al momento nessuna delle banche europee si trova preparata per fronteggiare il rischio del surriscaldamento globale. Per questo periodicamente fornirà un feedback che terrà conto di come saranno i piani aziendali per colmare certe carenze. Tutto quanto si rapporta all'esposizione del settore finanziario in termini di insolvenza nei prestiti alle aziende inquinanti. L'allarme lanciato da Francoforte è che le probabilità di insolvenza possano aumentare dal 10% al 30% nei prossimi 30 anni e per questo bisogna ricorrere ai ripari.
L'anno venturo quindi conoscerà degli stress test molto rigidi, che non potranno prescindere dalla disponibilità delle banche ad affrontare i rischi climatici. I requisiti patrimoniali che ne derivano si innalzeranno condizionando in maniera decisiva i punteggi assegnati. Coloro che non si atterranno alle nuove regole saranno messi sotto stretta osservazione e con ogni probabilità vedranno erosa la possibilità di pagare i dividendi.
Investimenti: fattori ambientali determinanti
Tutto questo per gli investitori rappresenta un monito che non potrà assolutamente essere messo in secondo piano. Le scelte di portafoglio dovranno tenere presente il rischio ambientale e come questo possa impattare sul successo dell'investimento.
Al riguardo un assaggio lo si è avuto il mese scorso quando il mercato ha cominciato a vendere a mani basse le azioni di DWS, società di gestione patrimoniale tedesca che in precedenza ha operato come parte di Deutsche Bank fino al 2018. A partire dal 25 agosto si è scatenato un sell off violento facendo crollare il titolo nella Borsa di Francoforte da 42 a 35 dollari.
Ad accendere la miccia è stata la notizia delle indagini delle Autorità di Regolamentazione statunitensi che accusavano la società di asset management di aver sovrastimato le metriche di alcuni investimenti sostenibili.
Tutto ciò rende l'idea di come la sottovalutazione delle conformità ESG potrebbe giocare un brutto scherzo in termini di quotazione dei titoli. E questo l'operatore di mercato dovrà ancor più considerarlo ora che il giro di vite sulla questione sarà sempre più stringente.