- L'avvento del Covid-19 ha aumentato i costi interni delle banche e ridotto i margini;
- La possibilità di fusioni dipende molto da alcuni indicatori che mettono in evidenza lo stato di salute delle banche coinvolte;
- Le grandi banche a livello europeo stanno prendendo sempre più coscienza della necessità di aggregarsi per fronteggiare la crisi
Il settore bancario europeo è stato gravemente colpito dalla pandemia. La crescita dei Non-Performing Loan nei bilanci degli istituti di credito e la riduzione dei margini di intermediazione dovuti ai tassi d'interessi schiacciati verso lo zero hanno determinato una situazione di oggettiva difficoltà.
Un'analisi dell'agenzia di rating DBRS Moningstar riporta uno stato di salute non proprio confortante: nel secondo trimestre del 2020 i livelli di costo del rischio e gli accantonamenti per le perdite su crediti sono aumentati notevolmente rispetto al periodo gennaio-marzo. Per rendere l'idea, sul campione considerato di 40 banche europee, il costo medio del rischio è passato da 86 a 119.
Ad essere particolarmente malmesse sono le banche irlandesi dove tale valore raggiunge 522 punti base, mentre quelle italiane sono sotto la media a 92 basis point. Bisogna però considerare che il dato è fortemente condizionato dall'aumento dei crediti netti (+5%) che gli istituti del Belpaese hanno dovuto concedere al sistema economico per affrontare la pandemia, con la garanzia dello Stato.
Banche europee: i criteri di valutazione per le ipotesi di fusione
In una situazione del genere sono sempre di più le ipotesi di fusione che prendono forma nel settore bancario europeo. A volte si tratta di mosse strategiche, come per l'OPAS Intesa Sanpaolo e Ubi Banca, altre volte è la conseguenza di uno stato di necessità che si è venuto a determinare a causa della crisi. Molti analisti prendono a riferimento un indice Breakingviews che mette in risalto gli elementi da considerare per individuare delle aggregazioni papabili, il quale si basa su quattro criteri:
- Rapporto tra costi operativi e ricavi. Un valore alto significa che se una banca più piccola si mette insieme a una più grande ha maggiore possibilità di ridurre le spese soprattutto per le filiali operative e per la tecnologia;
- Relazione tra capitalizzazione di mercato e valore contabile tangibile. Quanto più basso è questo valore tanto maggiori sono i rischi di venire inghiottiti dal mercato se non ci si aggrega;
- Rapporto tra capitalizzazione di mercato e ritorno sul patrimonio tangibile. Anche qui la funzione è la medesima del punto precedente, valori bassi indicano una più elevata necessità di aggregarsi;
- Common Equity Tier 1. Più l'indicatore tende verso il basso, più ridotte sono le capacità della banca di far fronte ai crediti in sofferenza e quindi il vantaggio da un'eventuale fusione sarebbe più elevato.
Banche europee: le fusioni possibili
Alla luce di queste considerazioni, vediamo quali possono essere le principali operazioni di fusione che avrebbero luogo nei prossimi mesi:
Caixabank-Bankia. L'indiscrezione di un accordo di fusione è filtrata la settimana scorsa, così tra giovedì e venerdì le due banche hanno confermato l'intenzione di andare avanti nella trattativa. Il polo che ne nascerebbe costituisce il maggiore gruppo bancario spagnolo, potendo contare su valori dell'attivo per 650 miliardi di euro.
L'unione porterebbe vantaggio per entrambe le banche migliorando i coefficienti patrimoniali attraverso un meccanismo di compensazione. Caixabank è maggiormente capitalizzata (12 miliardi di euro contro i 4 miliardi di Bankia) e ha quindi un rapporto migliore del capitale rispetto al valore contabile tangibile (0,57 contro 0,33) e in relazione al patrimonio (6% contro 1%). Bankia ha dalla sua un Tier 1 migliore (13,3% contro 11,8% di Caixabank). Il rapporto tra costi operativi è ricavi è simile in entrambi gli istituti di credito: 59% Bankia, 58% Caxiabank.
La trattativa però non è semplice. La quarta banca iberica è stata salvata dallo Stato nel 2012 con un'iniezione di capitale di 22,4 miliardi di euro, a seguito della crisi del debito dei Paesi dell'Europa mediterranea. Oggi quindi il Tesoro spagnolo è il principale azionista con il 61,8% delle quote: occorre il suo via libera per concretizzare l'affare.
Commerzbank-Deutsche Bank. Sono anni che si vocifera della fusione tra le due principali banche tedesche. Più volte le trattative sono saltate proprio quando la maggior parte degli addetti ai lavori considerava per fatto il matrimonio. La crisi economico-finanziaria ha riportato in auge l'interesse di un sodalizio, con i crediti deteriorati che hanno ripreso a crescere a ritmi preoccupanti.
Questo sarebbe uno di quegli esempi in cui prevale maggiormente l'aspetto legato al bisogno piuttosto che quello strategico. Commerzbank ha il terzo rapporto più alto in Europa tra costi operativi e ricavi (78%) e anche gli altri indici non brillano. Deutsche Bank da anni si porta dietro una situazione finanziaria legata ai derivati poco tranquillizzante. Entrambi avrebbero motivi più che validi per fondersi, ma le difficoltà tecniche rimangono: entrambe sono alle prese con i piani interni di ristrutturazione.
Unicredit-ING. L'unione tra la seconda banca italiana e il colosso olandese potrebbe vedere la luce perché i due hanno una presenza rilevante in Germania. Inoltre la capitalizzazione di ING di 38 miliardi di euro fa gola alla società guidata da Jean Pierre Mustier. Se ne parla da più di un anno, ma la fusione potrebbe mettere davanti a complicazioni internazionali dal punto di vista fiscale.
Société Générale-ABN Amro Bank. La fusione qui potrebbe nascere per due motivi:
- Perché tutti e due gli istituti di credito hanno un valore molto alto di costi operativi rispetto ai ricavi (72% la società francese, 65% la banca olandese), quindi correre da soli non avrebbe molte prospettive per il futuro;
- Perché sono probabilmente di dimensione troppo elevata per unirsi con i rispettivi competitor nazionali, ossia BNP Paribas e ING. Questi aspetti alla fine potrebbero risultare la carta vincente, ma anche qui le eventuali nozze devono superare la concorrenza di altri istituti che si aggirano intorno alle due banche.