La conferma era nell'aria. La BCE ha prorogato fino alla conclusione del 2020 la richiesta alle banche di non distribuire i dividendi e di non effettuare le operazioni di buyback sul capitale. La raccomandazione arriva dopo la pubblicazione da parte della vigilanza bancaria della BCE del testo sulla potenziale vulnerabilità di tutto il sistema bancario dell'area Euro a causa della pandemia. Questo è quanto ha fatto sapere il Presidente del Consiglio di Vigilanza dell'Eurotower, Andrea Enria.
L'Autorità ha sottolineato come Francoforte abbia messo in campo le direttive per un graduale ritorno a una situazione di normalità che comporta il ritiro delle misure straordinarie sul capitale e sulla liquidità. La situazione verrà riesaminata nell'ultimo trimestre dell'anno in corso.
Stop a dividendi e buyback: le motivazioni della richiesta
Le richieste del Consiglio Generale del Comitato per il Rischio Sistemico della BCE avanzate a inizio giugno sono state accolte. Già nella giornata di venerdì 24 luglio, gli analisti avevano previsto la conferma della misura con la pubblicazione dell'esame di vulnerabilità.
Come si legge nel testo di stamattina, le ragioni risiedono nella gravità senza precedenti dello shock macroeconomico causato dalla pandemia. Inoltre rimarrebbe elevata l'incertezza sui possibili sviluppi futuri della crisi e sul relativo impatto per il sistema bancario.
Tra i pericoli principali ci potrebbe essere una seconda ondata di Coronavirus talmente grave da compromettere il PIL di tutta l'Eurozona, specie se si dovesse andare incontro a ulteriori misure di blocco delle attività. Se ciò dovesse accadere si stima un crollo della crescita del 12,6% quest'anno, una ripresa del 3,3% nel 2021 e un assestamento del 3,8% nel 2022. A questo scenario se ne contrappone uno definito "più probabile" dall'analisi di vulnerabilità, che prevede il PIL europeo scendere dell'8,7% nel 2020, rimbalzare del 5,2% nel 2021 e stabilizzarsi del 3,3% nel 2022.
Gli effetti dello stop ai dividendi per le banche
Se lo scenario meno grave dovesse materializzarsi l'analisi ritiene che tutto il settore rimarrebbe ben capitalizzato. Qualora invece la situazione dovesse peggiorare il riflesso sugli indici patrimoniali sarebbe molto severo. In questo caso gli istituti di credito potrebbero essere chiamati a intervenire per riportare i requisiti patrimoniali in linea con quelli che sono i parametri stabiliti dagli Organismi di Vigilanza.
Per le banche italiane, il risparmio in termini monetari della mancata distribuzione dei dividendi è stimato a oltre 5,6 miliardi di euro. Intesa Sanpaolo sarebbe l'istituto di credito che avrebbe un maggior beneficio (3,4 miliardi di euro), seguita da Unicredit (1,4 miliardi) e Banca Generali (216,2 milioni).
Gli investitori si trovano nella situazione opposta. Oltre a non incassare le cedole, i risparmiatori potrebbero subire la perdita di valore delle quotazioni azionarie delle banche, dal momento che il beneficio del Dividend Yield non viene più incorporato nei prezzi.
Questo avrebbe la possibilità di assumere un valore ancora più importante in prospettiva di operazioni di M&A in corso e future. Per fare un esempio, sarebbe importante capire l'effetto che lo stop ai dividendi può avere sull'OPAS Intesa Sanpaolo su UBI Banca in queste ultimi giorni di adesione, dopo che la CONSOB ha prolungato di due giorni i termini dell'Offerta
Al momento della scrittura non sembra che a Piazza Affari le quotazioni azionarie delle banche stiano soffrendo della notizia,con l'indice FTSE Italia All Share Banks in rialzo di un punto percentuale. Tra i titoli del paniere spicca UBI Banca che mette a segno un +7% dopo il crollo verticale nella giornata di ieri.