Da quando, lo scorso 9 aprile, il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ha congelato i dazi reciproci varati nel fatidico "giorno della liberazione", le azioni a Wall Street hanno intrapreso un rally poderoso che le ha portate a guadagnare circa 16 punti percentuali. Molti operatori di mercato si stanno chiedendo se il peggio sia passato, ossia se tutte le ipotesi di una recessione negli Stati Uniti dovuta alla guerra commerciale siano state già scontate e nei prossimi mesi ci saranno da attendersi solo rialzi.
Probabilmente la situazione è un po' più complessa, perché molte cose devono essere definite e gli effetti dei dazi non si sono ancora del tutto manifestati nei dati macroeconomici. Se non c'è la stessa frenesia a vendere in Borsa del periodo in cui Trump tuonava ogni giorno sui dazi, non si può neppure dire che si è completamente fuori pericolo.
Gli ultimi dati sul PIL trimestrale americano non sono stati per nulla confortanti, dal momento che hanno riportato la prima contrazione dai tempi della pandemia. Nel contempo, si teme sempre che l'inflazione possa rialzare la testa a causa delle tariffe, il che mette in una posizione difficile la Federal Reserve. Stasera ci sarà l'annuncio dei tassi di interesse, che dovrebbero rimanere fermi nell'intervallo 4,25%-4,50%, ma in realtà il mercato drizzerà le antenne su ciò che dirà il governatore Jerome Powell in conferenza stampa a chiusura della due giorni di riunioni.
Intanto, le trimestrali delle Big Tech - che hanno guidato il rally di Wall Street negli ultimi due anni - hanno dissipato in buona parte le preoccupazioni sugli effetti dei dazi nei prossimi mesi. E questo si è riflesso in Borsa in maniera positiva.
Azioni Wall Street: c'è poco ottimismo
Anche se gli investitori hanno riguadagnato entusiasmo e sono più propensi a comprare le azioni americane, strategist e analisti preferiscono muoversi con maggiore prudenza. Secondo Greg Boutle, responsabile della strategia azionaria e dei derivati statunitensi di BNP Paribas, questo è il momento per proteggersi dal calo delle azioni a bassa capitalizzazione.
Quindi, suggerisce di acquistare opzioni put sull'indice Russell 2000, focalizzato sulle small cap. "Pensiamo che le small e mid cap siano essenzialmente quella parte del mercato in cui c'è meno potere di determinazione dei prezzi, più leva finanziaria e margini più sottili. Quindi, in caso di rallentamento economico, sarebbe percepito in maniera più acuta", ha affermato.
Decisamente pessimista è Mislav Matejka, esperto di JP Morgan Chase, secondo cui i titoli azionari rimangono costosi e i recenti guadagni mancano di supporto fondamentale. "La recessione effettiva potrebbe ancora essere evitata, ma se dovesse verificarsi, l’opinione di molti secondo cui è già prezzata potrebbe rivelarsi troppo ottimistica", ha scritto Matejka.
L'esperto osserva che l'indice
S&P 500 è scambiato a circa 21 volte gli utili attesi, mentre il consensus stima una crescita dei guadagni per azione del 10% nel 2025 e del 14% nel 2026. Questo, a suo avviso, non è compatibile con uno scenario di rallentamento. "È ben lontano dal prezzare qualsiasi significativo timore di recessione", ha detto.
Vedono nero anche gli analisti di HSBC, che ritengono la recente forza nei dati economici dovuta probabilmente a un anticipo degli acquisti. "Il sentiment e il posizionamento sono una cosa, ma il contesto fondamentale rimane piuttosto disastroso", hanno detto. "Le indicazioni prospettiche suggeriscono che i dati concreti registreranno un peggioramento, forse già nei prossimi uno o due mesi".