Il 2022 è al suo epilogo e si porta dietro un anno da dimenticare per gli investitori in azioni USA. Il palcoscenico ha visto il
dominio della Federal Reserve, che con i continui rialzi dei tassi d'interesse ha sferrato un colpo letale alla stragrande maggioranza dei titoli azionari, primi tra tutti quelli tecnologici.
L'inflazione è stata una spina nel fianco costante e alla Banca Centrale statunitense non è rimasta altra scelta che inasprire la politica monetaria con un'intensità che non si vedeva da 40 anni.
Wall Street ha sentito anche la grande pressione a livello geopolitico con la guerra Russia-Ucraina e le tensioni commerciali e non solo (vedi Taiwan) tra Stati Uniti e Cina. Proprio il Dragone è stato protagonista di una politica suicida sul Covid, imponendo chiusure e quarantene come nei momenti più bui del 2020. Ciò ha determinato un rallentamento della crescita cinese, con molte aziende americane che fanno affari in Cina che hanno risentito enormemente del calo di fatturato.
Gli operatori di mercato si augurano che tutti questi fattori che hanno fatto da deterrente per l'acquisto delle azioni non si ripresentino nel 2023, o quantomeno risultino meno aggressivi. Tuttavia, vi sono almeno 5 incognite su cui bisogna prestare la massima attenzione poiché segneranno il corso delle azioni nel prossimo anno. Vediamole di seguito
Recessione: ci sarà o no?
Ciò che ha depresso l'umore degli investitori via via che la Fed alzava il costo del denaro nel 2022 è stata l'eventualità che negli Stati Uniti arrivasse una recessione. La gran parte degli opinionisti ritiene che alla fine l'economia andrà in contrazione, ma su quanto questa sarà forte il dibattito è molto aperto. Alcuni pensano che sarà travolgente sterminando posti di lavoro, altri invece reputano che colpirà di striscio un'economia molto resiliente.
Secondo Truist Advisory Services, l'indice S&P 500 è sceso in media del 29% durante le recessioni dopo la seconda guerra mondiale. Tuttavia, ogni scivolone è stato seguito da un rimbalzo corposo. Un altro dato storico è che un mercato ribassista non ha mai toccato il fondo prima dell'inizio di una recessione.
Gli utili delle società
I risultati delle prossime trimestrali delle aziende facenti parte dell'S&P 500 potrebbero rivelarsi una bomba ad orologeria, perché le stime attuali potrebbero non riflettere in pieno una potenziale flessione economica. Questo significa che, se ci dovessero essere sorprese sgradite, le azioni potrebbero scendere ulteriormente alla Borsa americana.
Durante le recessioni in media gli utili scendono a un tasso medio annuo del 24%, riportano i dati rilasciati da Ned Davis Research. Ciò è preoccupante, poiché gli analisti stimano mediamente un incremento dei profitti del 4,4% nel 2023.
I rendimenti obbligazionari
Quest'anno i rendimenti obbligazionari sono esplosi, con i titoli di Stato USA a 10 anni che sono arrivati anche nei dintorni del 4%, come non accadeva dai tempi della grande crisi del 2008. Questo ha fatto anche scendere il valore delle obbligazioni, in quanto l'inflazione elevata ha abbattuto i rendimenti reali.
In prospettiva, però, considerando l'indice dei prezzi al consumo nei prossimi anni, il rendimento depurato dall'inflazione potrebbe essere troppo alto se rapportato a quello atteso per le azioni. Ciò fa crescere il costo opportunità di detenere titoli a rischio, stimolandone in questo modo le vendite.
Titoli value vs titoli growth
Nel 2022 i titoli value hanno sovraperformato quelli tecnologici, i quali hanno sofferto terribilmente l'aumento dei tassi d'interesse da parte della Federal Reserve. Per il 2023, molto dipenderà se l'inflazione sarà ancora ostica o si sarà raffreddata come tutti sperano.
Nella prima ipotesi, l'istituto monetario potrebbe rallentare le strette sul costo del denaro e di conseguenza le azioni growth potrebbero rilanciarsi dopo le enormi perdite di quest'anno. In caso contrario, le azioni value avranno molto da dire, perché gli investitori punteranno maggiormente su aziende mature, con profitti stabili e dividendi costanti.
Il dollaro USA
Il dollaro americano quest'anno ha reciso una fetta dei profitti alle aziende americane che producono una parte del loro fatturato all'estero. Questo perché la straordinaria forza del biglietto verde ha pesato in negativo quando i guadagni ottenuti in valuta locale hanno dovuto essere convertiti in dollari. Negli ultimi due mesi la moneta USA si è indebolita, soprattutto dopo gli ultimi dati confortanti sull'inflazione e le attese che la Fed possa attenuare l'inasprimento monetario.
I prossimi dati macroeconomici saranno fondamentali per capire l'orientamento della Banca centrale. Con ogni probabilità, il dollaro si comporterà di conseguenza. Non sono pochi a pensare un gran ritorno della divisa a stelle e strisce, anche nella funzione di valuta rifugio per effetto della recessione. Ma vi sono anche coloro che ritengono che il biglietto verde abbia ormai finito la benzina.