Il tasso neutrale ha assunto un'importanza particolare in questo periodo storico in cui la situazione economica a livello globale è molto legata alle politiche delle Banche centrali. Gli ultimi cinque anni sono stati molto sfidanti per le autorità, visto che hanno dovuto adattare la loro politica monetaria alle diverse crisi che si sono succedute.
Nel 2020, l'economia è stata messa in ginocchio dalla pandemia, costringendo gli istituti centrali più importanti a portare quasi a zero i tassi di interesse. Nell'ultima parte del 2021 è spuntata l'inflazione, salita progressivamente sui massimi degli ultimi 40 anni. Di conseguenza, le Banche centrali nel 2022 hanno intrapreso una campagna di inasprimento attraverso massicci aumenti del costo del denaro. Il 2024 è l'anno in cui i tassi saranno probabilmente tagliati, almeno fino al raggiungimento del tasso neutrale. Vediamo di seguito, quindi, cos'è il tasso neutrale e qual è la sua importanza nell'ambito della politica monetaria esercitata da una Banca centrale.
Tasso neutrale: cos'è
I tassi di interesse svolgono un ruolo cruciale nell'economia. Quando quest'ultima è depressa, c'è deflazione e la disoccupazione è diffusa, le Banche centrali abbassano i tassi in modo da creare stimoli per la produzione e i consumi. In sostanza, questa operazione rende meno oneroso per le famiglie e le imprese prendere a prestito, favorendo in questo modo i consumi e gli investimenti. Di conseguenza, si rimette in moto l'economia stimolando la crescita e creando posti di lavoro.
Un'economia che cresce troppo però può innescare meccanismi inflazionistici, perché la domanda è forte e i prezzi tendono a salire. Tali meccanismi possono anche essere attivati quando c'è una contrazione dell'offerta rispetto alla domanda. Fatto sta che l'inflazione, quando diventa eccessiva, è un pericolo per l'economia dei vari Paesi.
Tra l'altro, il carovita fa salire i costi di input per le imprese ridimensionando i margini, in particolare se esse non hanno potere di determinazione dei prezzi di vendita. Per questa ragione le Banche centrali, in presenza di inflazione elevata, intervengono aumentando i tassi di interesse. Ciò rende più dispendioso prendere a prestito e quindi la domanda si raffredda facendo calare i prezzi.
Tutta questa premessa è importante per definire il tasso neutrale, ossia quel tasso per cui l'economia di un Paese non viene né stimolata e né rallentata. In sostanza, si tratta di un tasso di equilibrio ed è segnaletico di uno stato di salute ottimale per un'economia. Una definizione specifica è stata data dall’attuale direttore del Consiglio economico nazionale degli Stati Uniti, Lael Braindard, quando nel 2018 descrisse il tasso neutrale come il livello che mantiene la produzione in crescita intorno al suo tasso potenziale, in un contesto di piena occupazione e inflazione stabile.
Attualmente la Federal Reserve considera il livello del tasso neutrale al 2,5%, in presenza di un target di lungo periodo dell'inflazione del 2%. In questo momento, i tassi di interesse negli Stati Uniti sono al 5,25-5,5%, mentre l'inflazione è al 3,2%. Quindi, siamo distanti da uno status considerato ottimale per un’economia perfettamente in equilibrio. Per la verità, un sistema che accerti scientificamente che il tasso al 2,5% sia neutrale ancora non c'è. E comunque nel tempo le condizioni mutano e quindi il tasso varia. Ad esempio, nel 2012 il tasso era al 4,25% ed è molto probabile che se in futuro l'inflazione si manterrà stabilmente a livelli più elevati rispetto al passato, tale tasso possa essere maggiore di quello attuale.
Tasso neutrale: l'importanza per i banchieri centrali
I banchieri centrali considerano il tasso neutrale estremamente importante per varie ragioni. In primo luogo perché è un punto di riferimento essenziale nel lungo periodo per orientarsi nella conduzione della politica monetaria. In secondo luogo in quanto guida il comportamento della Banca centrale nel breve periodo in rapporto ai tassi di interesse. Per la precisione, nei momenti di crisi economica, l'istituto monetario deve assicurarsi che il costo del denaro si trovi al di sotto del tasso neutrale in modo che l'economia possa essere stimolata; al contrario, se l'economia corre troppo e ha bisogno di essere raffreddata, l'autorità monetaria deve assicurarsi che i tassi si posizionino al di sopra del tasso neutrale perché la politica restrittiva abbia effetto.
La differenza con il tasso terminale
A volte si corre il rischio di confondere il tasso neutrale con il tasso terminale, che è una cosa diversa. Il tasso terminale è quello in cui una Banca centrale non effettuerà più alcun movimento al rialzo dopo un ciclo di restringimento o al ribasso dopo uno di espansionismo. Ad esempio, attualmente la Fed ha raggiunto il tasso terminale al 5,25-5,5%. Questo significa che non aumenterà più il costo del denaro, ma ciò non implica che si è di fronte a un tasso per cui l'economia è in equilibrio. La Fed viceversa attuerà una serie di tagli dei tassi di interesse proprio per portare il livello di questi verso il tasso neutrale che ha stabilito al 2,5%. In altri termini, con il tasso terminale attuale, l'economia continuerà a restringersi e quindi occorrerà tagliare affinché ciò non accada.
Quando alcuni anni fa, la Banca centrale aveva portato i tassi a zero e li aveva mantenuti per diverso tempo, in quel caso era arrivata a un tasso terminale ma in un contesto in cui l'economia continuava a espandersi. Per evitare questo, normalmente l'istituto centrale deve alzare i tassi. In definitiva, il tasso neutrale è quello in cui una Banca centrale non ha più bisogno di aumentare o diminuire i tassi per rispettivamente contrarre e espandere l'economia.