- Dichiarazioni altisonanti dalla Casa Bianca che preannunciano uno scenario di guerre;
- La tensione sale sui mercati finanziari con le Borse che crollano e il VIX che si impenna;
- Se il botta e risposta tra Washington e Pechino prosegue si potrebbe delineare l'arrivo di un secondo cigno nero.
Le dichiarazioni di Trump tuonano sui mercati finanziari come una detonazione ad alto contenuto esplosivo. Il presidente degli Stati Uniti minaccia la Cina di chiedere i danni per la pandemia che accusa di aver creato e di non aver contenuto. Il risarcimento richiesto andrebbe dall'imposizione di nuovi dazi all'insolvenza del debito. Ancora più esplicito il Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che reputa il Dragone responsabile del virus fatto in laboratorio. La risposta del gigante asiatico non si è fatta attendere e, per bocca del redattore capo del Global Times, Hu Xijin, ha esortato gli USA a tirare fuori le prove dell'eventuale misfatto. Uno scontro tra Stati Uniti e Cina che insomma potrebbe prefigurare un nuovo scenario di guerra senza esclusioni di colpi, ma che in questo caso potrebbe coinvolgere anche l'Europa. Infatti, due settimane fa anche Angela Merkel aveva chiesto trasparenza a Pechino sull'origine della pandemia, anche per poterla affrontare meglio nel prossimo futuro.
Reazione violenta sui mercati finanziari
Oggi quindi le Borse sono tutte in negativo, con perdite diffuse in Europa oltre il 3% e ribassi nell'ordine del punto percentuale a Wall Street. Il sentiment avverso lo si vede nelle quotazioni del petrolio, dopo il recupero sostenuto dei giorni scorsi. Gli operatori in questa apertura di settimana si sono posizionati short temendo che una nuova guerra commerciale possa far rallentare il recupero del mercato energetico che era stato rinvigorito dall'allentamento del lockdown e dall'inizio dei tagli dell'output. Attualmente sia il Brent che il WTI sono di poco sotto la parità dopo aver toccato dei minimi rispettivamente del -3,8% e del - 8,6%. Soprattutto l'indice della paura, il VIX, si è impennato del 15% lambendo quota 40 punti, dopo un periodo di costante discesa dai massimi del 16 marzo a 82,69.
Le motivazioni di un nuovo cigno nero
Le reazioni dei mercati dunque fanno presagire l'arrivo di un nuovo cigno nero dopo l'esplosione della pandemia da Coronavirus su scala internazionale? Alcune considerazioni potrebbero far giungere a questa conclusione.
Sia gli Stati Uniti che l'Europa stanno pompando l'economia con iniezioni di denaro da parte delle rispettive Banche Centrali e nel contempo attingendo a programmi di spesa che fanno leva sul deficit. Il sostegno alle imprese non si concretizza, però, solo con i sussidi ma anche e soprattutto con i finanziamenti, il che si traduce a creare sia debito pubblico che debito privato. Di conseguenza nel tempo si potrebbe creare un fenomeno di surriscaldamento dell'economia, ossia un sistema di rilancio basato sul debito. E' inutile ricordare che in passato molte volte questo meccanismo è stato foriero di grandi crisi economiche. In tutto questo si inserisce la delicatissima questione occupazionale. Solo negli USA sono già stati bruciati più di 20 milioni di posti di lavoro, in Europa ne arriveranno altrettanti. Giocoforza i sussidi e gli aiuti istituzionali potrebbero non bastare per rilanciare i consumi e mettere in moto tutto il processo produttivo.
Dall'altro lato si colloca la Cina, che con un debito/PIL basso e una crescita costante da 20 anni, potrebbe risentire meno della situazione e proporsi come protagonista assoluto nello scacchiere economico mondiale. L'ex Impero celeste può peraltro contare su una domanda interna straordinaria, potendo contare su una popolazione di oltre 1,4 miliardi di consumatori. Il passo è breve dalla situazione attuale. Pechino è stata la prima ad essere stata infettata dal Coronavirus ed è la prima ad esserne uscita. In gran parte del Paese la situazione nelle fabbriche e nelle aziende è tornata alla normalità, quindi la Cina è il competitor che più di ogni altro può esercitare un certo potere contrattuale sia dal lato della domanda che da quello dell'offerta.
Le ultime schermaglie geopolitiche potrebbero essere figlie di una strategia di matrice atlantica messa in atto, attraverso la richiesta dei danni di guerra, per indebolire almeno temporaneamente un rivale pericoloso. Sarebbe logico pensare a questo punto a una risposta immediata di Pechino che insieme al Giappone detiene, dopo la FED, la quota maggiore del debito pubblico americano (poco più di 1.000 miliardi di dollari). Inoltre, dai dati della bilancia commerciale tedesca, il Dragone oggi è il principale partner commerciale di Berlino.
Quindi la forza economica relativa della Cina è un aspetto che non andrebbe sottovalutato nell'ottica di una possibile ritorsione di fronte a misure drastiche dal fronte Trump-Merkel. Il sell-off che si scatenerebbe sulle piazze finanziarie sarebbe solo la logica conseguenza di un salto nel buio che farebbe l'economia globale in risposta ad un panorama così delineato.