Lo yen continua la sua agonia sui mercati valutari che dura ormai da diversi anni. Dai minimi di gennaio 2021 a 102,58 per dollaro, la moneta giapponese ha perso quasi il 50% del suo valore nei confronti del biglietto verde superando quota 151. Quest'anno lo yen si è rivelato la peggiore tra le principali monete in fatto di performance ed è stato preso di mira dai trader nelle operazioni di carry trade. In sostanza, gli operatori di mercato si sono finanziati in yen pagando un tasso di interesse molto basso e hanno investito in valute - come il dollaro USA - che garantiscono un rendimento molto più alto. Tutto ciò ha contribuito alla debolezza della valuta del Sol Levante.
Yen: cosa spiega la sua debolezza
Il carry trade è causa e conseguenza della debolezza dello yen, ma alla radice ci sono altre ragioni che spiegano la scarsa performance. Da anni, la Banca centrale del Giappone persegue una politica monetaria ultra-espansiva e, a partire dal 2015 fino all'ultima riunione di questa settimana, ha tenuto i tassi di interesse in territorio negativo. Tutto ciò mentre dal 2022 le principali Banche centrali a livello mondiale hanno attuato una serie di aumenti del costo del denaro per combattere l'inflazione più alta degli ultimi 40 anni.
Il differenziale di tassi che si è creato tra il Giappone e gli altri Paesi ha
spinto gli investitori verso quelle valute a più alto rendimento, vendendo nel contempo lo yen che rendeva nulla. Dopo 17 anni, la
Bank of Japan ha aumentato i tassi di interessi portandoli allo 0%, ma non è servito a molto. Il motivo è che
il tono utilizzato dal governatore Kazuo Ueda è rimasto ancora accomodante e ciò fa presagire che la fine del regime di tassi negativi non significhi la fine del regime di tassi bassi
(Forex: Yen, la BoJ ha rilanciato il carry trade).
Yen: cosa significa la sua debolezza per l'economia e la Borsa del Giappone
Lo yen debole fornisce vantaggi all'economia giapponese ma anche dei risvolti negativi. Le aziende nipponiche esportano molto all'estero e i loro prodotti diventano più competitivi. Inoltre, le multinazionali che producono profitti in territorio straniero beneficiano dell'effetto cambio una volta che li rimpatriano. L'economia trae beneficio dall'aumento del turismo, in quanto i turisti vengono attratti da un maggior potere d'acquisto. L'inconveniente sta nel fatto che le importazioni diventano più costose, soprattutto sul fronte del cibo e dell'energia.
Con riferimento all'aspetto borsistico, uno yen depresso attira gli investitori stranieri, grazie a un cambio per loro favorevole. Infatti, nel periodo in cui lo yen ha perso valore, le azioni giapponesi hanno realizzato tra le migliori performance a livello mondiale.
Cosa aspettarsi ora?
Molti si stanno chiedendo se la divisa del Sol Levante rimarrà debole o rimbalzerà. Su questo punto, le opinioni sono divise. Alcuni sostengono che l'USD/JPY possa arrivare addirittura fino a 160, mentre altri prevedono che la fine del regime dei tassi negativi e una maggiore flessibilità nel controllo della curva dei rendimenti da parte della BoJ siano il primo passo verso un cambio di rotta che porterà a un forte rimbalzo dello yen. In realtà, ci sono due aspetti chiave da considerare.
Il primo, e forse il più importante, riguarda la politica monetaria delle Banche centrali. La BoJ aumenterà ancora i tassi di interesse, ma quando e per quante volte? Ueda ha affermato che molto dipenderà dall'andamento dell'inflazione nei prossimi mesi, ossia se ci saranno garanzie adeguate che si mantenga al di sopra dell'obiettivo di lungo periodo, e dal fatto che nel frattempo l'economia torni a crescere a un tasso sostenuto. La situazione è rovesciata per quanto riguarda le altre Banche centrali. Queste si apprestano a tagliare i tassi di interesse, ma dovranno prestare la massima attenzione alle dinamiche inflazionistiche, ovvero se il carovita si abbasserà in maniera stabile verso l'obiettivo di lungo periodo del 2%.
Il secondo aspetto si riferisce all'intervento diretto nei mercati valutari del governo giapponese. Tra settembre e ottobre 2022, le autorità irruppero nei mercati per due volte con l'obiettivo di rafforzare lo yen attraverso una potenza di fuoco di 9.000 miliardi di yen. Gli sforzi però alla lunga non hanno prodotto grandi risultati, in quanto la valuta ha continuato a indebolirsi. Stavolta il governo avrebbe fissato la soglia critica per un intervento a 150 yen per dollaro.
Secondo Eisuke Sakakibara, soprannominato Mr. Yen per la sua capacità di influenzare la valuta del Sol Levante quando ricopriva la carica di vice ministro delle Finanze alla fine degli anni '90, il Giappone scenderà in campo quando l'USD/JPY arriverà a 155-160, sebbene l'esperto ritenga difficile che si arrivi a quella soglia ma anzi considera più probabile una discesa verso 130.