La tempesta che si è abbattuta su Evergrande ha coinvolto tutti i mercati finanziari. Le azioni sono state vittime di un'ondata di vendite culminata nel lunedì nero del 20 settembre che non è stato circoscritto al solo mercato immobiliare. I finanziari hanno pagato lo scotto di essere strettamente interconnessi con il settore delle case, sostenuto da banche che forse si sono esposte oltre il dovuto. Ma anche i tecnologici hanno vacillato in un contesto di incertezza generale e di estrema volatilità.
Le obbligazioni hanno visto prezzi in discesa e rendimenti in crescita, scontando il rischio di un default generalizzato. Mentre i futures su acciaio, minerale di ferro, rame e nichel hanno vissuto momenti difficili sul mercato delle materie prime, essendo beni legati alle costruzioni. E le criptovalute? Anch'esse sono state travolte nel caos generale, facendo registrare scivoloni che non si vedevano da qualche tempo.
Lo strano legame tra Evergrande e le criptovalute
La domanda che assilla gli investitori di valute digitali è: ma che relazione c'è tra Evergrande e la blockchain? Apparentemente nessuna, almeno non direttamente. In realtà lo scossone creato dal gruppo immobiliare sui mercati ha generato perdite diffuse che i trader potrebbero aver tentato di recuperare vendendo assets digitali.
In Cina questo si è sentito in maniera particolare in quanto gli investitori istituzionali cinesi sono più esposti rispetto a quelli statunitensi ed europei. Lo conferma anche un sondaggio di Fidelity Digital Assets, secondo cui il 70% degli hedge fund del Dragone ha in portafoglio criptovalute, contro il 56% dei fondi in USA e il 33% di quelli in Europa.
In aggiunta a ciò vi è la possibilità che gli emittenti di stablecoin come Tether abbiano un certo sbilanciamento in obbligazioni cinesi, anche se non relativamente a Evergrande. Recentemente, il più grande emittente di stablecoin del mondo si è affrettato a precisare che l'azienda ha acquistato solo carte commerciali di emittenti A-2 e superiori, che suggellano un portafoglio forte, liquido e conservatore.
Questo tuttavia non garantisce che l'estensione del contagio non possa arrivare a destabilizzare anche investimenti che fino a poco fa si consideravano sicuri. È chiaro poi che l'onda d'urto che si viene a creare vada a incidere sulla leva, aumentando le richieste di margine a mano a mano che scendono i prezzi e costringendo quindi i trader a liquidare le posizioni in essere sulle crypto.
Criptovalute: asset speculativi e non beni rifugio
Ma le criptovalute non dovevano funzionare come rifugio nei momenti di crisi? Questa teoria viene portata avanti con ostinazione da parte dei più coriacei sostenitori dei token digitali, anche e soprattutto alla luce dei grandi rialzi che si sono visti nel settore durante il periodo più buio della pandemia, in cui i mercati azionari colavano a picco.
In verità da un pò di tempo si vede una correlazione perfetta tra l'universo delle valute virtuali e ciò che accade nelle Borse. Quando sale la volatilità e la paura anche i token digitali ne risentono, a testimonianza del fatto che almeno per il momento siamo di fronte ad assets speculativi che poco hanno a che fare con la funzione di proteggere il portafoglio. A rigor di logica quindi le considerazioni che accostano Bitcoin e simili a beni come oro o a valute come Dollaro e Yen, dovranno essere riviste.