WWDC 2025: la fine per Apple? | Investire.biz

WWDC 2025: la fine per Apple?

10 giu 2025 - 14:15

Apple brilla in superficie, ma manca il bersaglio: tra gadget inutili e Siri inefficace, la vera innovazione sembra rimandata. Cosa sta succedendo davvero?

La conferenza WWDC 2025 di Apple, attesa ogni anno con trepidazione da milioni di sviluppatori e appassionati, ha lasciato dietro di sé una sensazione difficile da ignorare: qualcosa si è rotto? Non si tratta solo del consueto entusiasmo per le novità estetiche o delle presentazioni patinate che Apple sa realizzare come nessun altro. Il problema è più profondo. È una questione di direzione, di visione, di sostanza. Ed è proprio questa mancanza di sostanza che porta a chiedersi: Apple è arrivata al capolinea?

 

Una parabola da Topolino: quando i gadget superano la notizia

Per spiegare questa sensazione, vale la pena partire da una storia che per me ha il sapore dell’infanzia. Ambientata nella fittizia Paperopoli, la vicenda vede Paperone e Paperoga contendersi il mercato editoriale cittadino a colpi di gadget allegati ai loro giornali.

La competizione degenera fino al punto che i cittadini devono portarsi dietro una carriola per raccogliere tutto quello che “regalano” con l'acquisto. Alla fine, Paperino, stanco di questo teatrino, decide di lanciare un giornale senza gadget. Solo contenuti. E vince. La gente, esasperata dal rumore, torna a cercare ciò che davvero conta: le notizie.

Questa storiella sembra raccontare, con sorprendente precisione, quello che è successo alla WWDC 2025. Apple sembra aver imboccato la strada di Paperone e Paperoga, moltiplicando orpelli estetici e funzionalità marginali, perdendo però il focus su ciò che davvero conta per l’utente finale.

 

Liquid Glass e orologi dinamici: la forma vince sulla funzione?

La grande novità di quest’anno è il cosiddetto Liquid Glass Design, un’interfaccia visiva che simula l’aspetto del cristallo liquido. Bella da vedere, senza dubbio. Ma serve davvero? Insieme a questa, una delle funzionalità maggiormente approfondite durante la presentazione è stata l’adattamento dinamico dell’orario sullo schermo in base allo sfondo della foto e alle notifiche.

Sì, avete capito bene: l’orologio cambia dimensione e posizione per integrarsi al meglio con l’immagine. Un virtuosismo tecnico, certo, ma che si allinea perfettamente alla logica dei gadget inutili della storia di Topolino.

E mentre Apple affina la grafica fino alla perfezione estetica, gli utenti si ritrovano a chiedersi: ma l’assistente vocale, Siri, funziona? La risposta, purtroppo, è deludente.

 

Fonte: Apple.com

 

Siri, la grande occasione sprecata

Il mondo corre verso l’intelligenza artificiale. Apple no. Un esempio concreto? Basta salire in macchina e provare a chiedere a Siri le previsioni del tempo. Il risultato: “Non posso mostrarti le ricerche perché stai guidando.”

Ma se sto guidando, è proprio in quel momento che ho bisogno dell’assistente vocale! Al contrario, app come quella di ChatGPT o Gemini funzionano perfettamente, fornendo risposte puntuali, utili e contestuali. Addiritturale ho usate per conversazioni didattiche in inglese mentre ero alla guida. Siri, invece, arranca. Non integrata quanto vorremmo, imprecisa, inutile. E questo dovrebbe essere l’assistente di punta di Apple.

 

Numeri stagnanti e un buyback da record

Il problema però non è solo tecnologico. È strategico. Dal 2021, i numeri di Apple hanno smesso di crescere. Come ci racconta il Forecaster nella pagina sui fondamentali dell'azienda il fatturato nel 2022 era di 394 miliardi di dollari.

Nel 2024, è sceso a 391. L’utile è praticamente invariato: da 94 a 93 miliardi. Numeri immensi, certo, ma fermi. E la risposta di Apple qual è? Un buyback da 100 miliardi di dollari, il più grande nella storia della Borsa americana.

Per i meno esperti: un buyback è quando un’azienda riacquista le proprie azioni sul mercato. Un’operazione che fa salire il valore delle azioni rimanenti, ed è quindi molto apprezzata dagli investitori a breve termine. Ma in questo caso, il messaggio è chiaro e preoccupante: Apple aveva 100 miliardi in cassa e non sapeva dove investirli. Non in Siri. Non in nuovi dispositivi. Non in ricerca.

 

Fonte: Forecaster.biz
Fonte: Forecaster.biz

 

Il rischio di diventare come Google… prima di OpenAI

Il paragone con Google è inevitabile. Anche il colosso di Mountain View aveva in casa, da anni, tecnologie simili a quelle sviluppate da OpenAI. Ma non le ha mai rilasciate per non compromettere il suo core business pubblicitario legato al motore di ricerca. Quando OpenAI ha pubblicato ChatGPT, Google si è trovata costretta a inseguire.

Oggi Apple sta commettendo lo stesso errore: sembra avere paura dell’intelligenza artificiale. Paura di mettere a rischio l’ecosistema iPhone, Apple Watch, iPad, quei prodotti che tengono in piedi la baracca. Eppure, è solo questione di tempo prima che lo smartphone diventi obsoleto. Ha già quasi vent’anni. E cosa farà Apple quando quel giorno arriverà?

C’è chi, come Zuckerberg, scommette sugli occhiali intelligenti. Un dispositivo che unisce vista e udito, ed è più naturale da integrare nella nostra vita quotidiana. Ma Apple, invece di investire seriamente nella ricerca di un “post-iPhone”, preferisce abbellire l’orologio o perfezionare la grafica.

 

Una visione che manca

Il vero problema, in fondo, è che manca una visione. Apple sembra non credere realmente nell’intelligenza artificiale. Un recente paper dei suoi ricercatori, uscito proprio a giugno, sostiene che i large language model non “ragionano”, ma si limitano a predire la parola più probabile. Un’osservazione tecnicamente corretta, ma che sembra più una giustificazione per il disimpegno che un’analisi costruttiva. Mentre gli altri corrono, Apple frena.

Anche le testate americane lo notano. TechCrunch commenta: “Apple lucida tutto alla perfezione, ma i concorrenti si muovono più velocemente nell’AI.” E la tecnologia che guiderà il futuro sarà proprio questa.

Nel frattempo, fuori dai campus dorati di Cupertino, qualcosa si muove. Johnny Ive, l’ex guru del design Apple, è stato visto a San Francisco con Sam Altman, CEO di OpenAI. Ive ha venduto la sua startup di AI proprio ad Altman, e ora i due progettano il futuro insieme. Il paradosso? Il futuro dell’AI potrebbe nascere da chi l’ha già fatto grande, ma non dentro Apple.

 

Da Paperopoli a Cupertino, la nostalgia della sostanza

Alla fine di questa lunga riflessione, resta una constatazione amara: Apple ha perso il suo “wow”. Dove prima c’erano innovazione, rivoluzione, stupore, oggi ci sono solo riflessi di cristallo liquido e orologi camaleontici. Gadget, non contenuti.

Eppure, basterebbe poco. Basterebbe ripartire da ciò che serve davvero: un assistente vocale funzionante, una strategia chiara sull’AI, una volontà di rischiare, osare, sperimentare. Insomma, tornare a fare notizie, non gadget. Perché, come nella storia di Topolino, alla fine la gente sceglie quello che conta davvero. E se Apple vuole continuare a contare, è da lì che deve ripartire.

 

 

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