Intel sta attraversando un periodo molto desolante in Borsa, soprattutto dopo che la scorsa settimana ha pubblicato una trimestrale inquietante, con una guidance ancora peggiore. Il colosso americano dei chip ha riportato vendite per 15,3 miliardi di dollari, con utili rettificati di 29 centesimi per azione, ben al di sotto di un fatturato e di EPS stimati dagli analisti rispettivamente di 17,9 miliardi di dollari e 69 centesimi. Per il terzo trimestre la società ha previsto vendite tra 15 e 16 miliardi di dollari, nettamente inferiori rispetto ai 18,7 miliardi di dollari del consensus. Un rapporto così disastroso non si era forse mai visto in tutta la storia della società, infatti le azioni in Borsa nella giornata delle contrattazioni successiva sono scese dell'8,56%.
Il punto è che l'azienda sta affrontando molti venti contrari, che probabilmente non si placheranno facilmente, come le vendite più lente dei personal computer, la domanda in diminuzione dei clienti dei data center e la concorrenza di società come Advanced Micro Devices, Tezas Instrument, Broadcom e Nvidia che stanno sottraendo costantemente quote di mercato.
Ad aumentare i rischi vi è poi l'esposizione di Intel in Arizona, Ohio ed Europa con un investimento di 100 miliardi di dollari per costruire impianti di produzione di chip. Lo scopo è quello di competere con il leader del settore Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, ma per rientrare da questa enorme spesa ci vorranno probabilmente molti anni e il ritorno non è poi così scontato.
Azioni Intel: per un analista sono da comprare
Il quadretto così dipinto non lascerebbe alcuno spazio per puntare in questo momento sulle azioni Intel, eppure vi è un analista contrarian che afferma che il titolo abbia un potenziale di crescita di oltre il 50% dai livelli attuali. Si tratta di Gus Richard, analista di Northland Securities, il quale sostiene come le azioni adesso siano scambiate al di sotto della "valutazione di rottura della società".
Per Richard, le attività produttive di Intel hanno un importante valore strategico per gli Stati Uniti, essendo che attualmente il Paese dipende soprattutto dal produttore di chip taiwanese TSMC. Con la minaccia cinese rappresentata dall'occupazione dell'isola di Taiwan, e tutte le derive militari ed economiche, Intel rappresenterebbe una risorsa fondamentale per il Dipartimento della Difesa americano. Secondo le stime dell'analista, tutti gli assets esistenti di Intel avrebbe un valore di circa 71 miliardi di dollari, corrispondente al valore contabile sul bilancio dell'azienda.
Le risorse produttive potrebbero essere fuse con Global Foundries, un produttore di chip a contratto precedentemente scorporato da AMD, sostiene Richard. Se si creasse una società combinata, questa produrrebbe 26 miliardi di dollari di entrate annuali, corrispondenti a circa la metà di quelle del gigante TSMC. Inoltre l'esperto stima che il portafoglio dei prodotti Intel quali PC, data center, networking e grafica, valga almeno il doppio delle vendite previste per il 2022. Quindi esprime un potenziale enorme.