BIN: origine, cosa significa acronimo e quali erano | Investire.biz

BIN: origine, cosa significa acronimo e quali erano

22 ott 2020 - 18:15

06 dic 2022 - 09:29

Ascolta questo articolo ora...

Cosa significa l'acronimo BIN? Quale è la sua origine? Vediamo tutto quello che c'è da sapere sulle Banche d'Interesse Nazionale, antesignane delle banche sistemiche

Cosa vuol dire l'acronimo BIN? Che origine ha? Che nesso vi è con le banche di valenza sistemica protagoniste del decennio scorso con lo scoppio della crisi dei mutui subprime e del debito sovrano dell'area euro? BIN è un acronimo che racconta una parte importante della storia bancaria pubblica italiana, in quanto con esso si indicavano le Banche di Interesse Nazionale. Ecco la nascita, la regolamentazione e l’evoluzione degli istituti che hanno dato vita alle grandi realtà bancarie italiane che conosciamo oggi: Intesa Sanpaolo e UniCredit. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

 

Banche d’Interesse Nazionale: origini, storia e regolamentazione

Le banche di interesse nazionale nacquero nel 1936 in Italia con la promulgazione della cosiddetta legge bancaria che riformava il sistema creditizio. La rivalutazione forzosa della Lira del 1927 e la crisi del '29 avevano spinto la grande industria italiana in una situazione di crisi che si era poi trasmessa al sistema bancario.

Venne quindi creato un ente, l' Istituto per la Ricostruzione Industriale, a carattere prima provvisorio e poi permanente al quale conferire le partecipazioni industriali detenute dalle tre maggiori banche italiane che non trovarono acquirenti privati.

La legge bancaria operò la netta separazione fra banche commerciali e banche d'investimento, con l'obiettivo di rompere il meccanismo di compartecipazione che aveva portato le banche sull'orlo del fallimento. Le tre banche furono trasformate da questa legge in banche di interesse nazionale: questi istituti diventavano banche di credito ordinario che non potevano fare più prestiti all'industria né essere proprietarie di valori industriali.

Questo modificava lo status di tali istituti, precedentemente banche miste, i quali avevano la possibilità di compiere operazioni di diversa durata temporale. L’espressione banca di interesse nazionale definiva quindi, all’interno della più ampia categoria delle “aziende di credito”, quelle banche caratterizzate dalla duplice circostanza di essere costituite in forma di società per azioni e di avere una organizzazione di carattere territoriale particolarmente ampia.

La qualifica di BIN veniva riconosciuta, previa verifica circa la sussistenza dei requisiti, mediante un decreto del Ministero del Tesoro, sentito il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio. La qualifica in questione era attribuita alla Banca Commerciale Italiana, al Credito Italiano e al Banco di Roma.

La maggioranza assoluta del capitale di queste tre banche era in mano all’IRI, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale, che riuscì a riattivare il credito, superare la crisi dei primi anni ‘30 e tutelare il risparmio con la separazione dell’attività bancaria sul modello della Glass-Steegal Act degli Stati Uniti.

Con il trasferimento del pacchetto di assoluta maggioranza all'IRI, benché costituite nella forma di società per azioni, le tre Banche di Interesse Nazionale sono distinte, nell'ordinamento, dalle altre società per azioni, qualificate come aziende ordinarie di credito.

Nel 1993 una nuova regolamentazione: con il Testo Unico del governo Amato, si consentiva il ritorno alla "banca mista" anticipando, di sei anni, un'analoga mossa del Congresso degli Stati Uniti con l'abrogazione del Glass-Steagall Act risalente al 1933.

La genesi delle BIN racconta una parte importante della storia bancaria italiana. Le banche di interesse nazionale non esistono più, ma da esse sono nate le più grandi realtà bancarie di oggi. Vediamo insieme, una ad una, l’evoluzione che ha portato alla nascita di Intesa Sanpaolo e Unicredit.

 

Da Comit a Intesa Sanpaolo

La Banca Commerciale Italiana, anche chiamata BCI o Comit, fu un istituto bancario italiano tra i maggiori del Paese. Fu fondata a Milano il 10 ottobre 1894 per iniziativa di un consorzio di banche tedesche, austriache, svizzere e la francese Banque de Paris et des Pays-Bas. Successivamente la maggioranza degli azionisti divenne italiana, pur mantenendo significativi collegamenti con le maggiori banche europee.

Fu presieduta dal conte Alfonso Sanseverino Vimercati e gestita dai suoi primi direttori, i tedeschi Otto Joel e Federico Weil. L’istituto operava secondo il modello della banca mista-universale, che prevedeva l'erogazione del credito soprattutto alle grandi aziende industriali. Tuttavia, riscontava anche le cambiali presentate dalle casse di risparmio relative ai prestiti concessi da queste alle piccole e medie imprese.

La banca sostenne la nuova struttura industriale del paese con la raccolta di capitale di rischio per i settori siderurgico-meccanico, elettrico, chimico, trasporti, tessile e dei lavori pubblici. Terminata la prima guerra mondiale, Comit contribuì alla riconversione postbellica dell'apparato produttivo.

Nel corso degli anni ‘20 fu sempre più coinvolta nel finanziamento dei grandi gruppi industriali, diventandone in molti casi azionista di maggioranza. Nello stesso periodo proseguì la sua espansione all'estero, soprattutto nell'Europa centrale, orientale e balcanica. Nel 1929, in seguito ai Patti Lateranensi, Comit fu incaricata di gestire le somme che lo Stato italiano si era impegnato a versare alla Santa Sede.

La crisi postbellica dopo il primo conflitto mondiale e quella ancora più grave del ‘29 misero a dura prova la struttura di tutte le banche universali, sbilanciate nella partecipazione al capitale di rischio delle grandi imprese a cui era stato erogato il credito e di cui detenevano azioni in portafoglio.

All’epoca, fra le altre, la Comit controllava Terni, ILVA e Italgas. Nel 1932 la Banca Commerciale Italiana si trovò in stato di insolvenza e venne poi salvata dall'IMI, l’Istituto Mobiliare Italiano, e dall'IRI, che nel 1934 ne acquisì la proprietà a seguito della nazionalizzazione.

Con la legge bancaria del 1936, Comit, insieme al Credito Italiano e al Banco di Roma, restò a controllo pubblico tramite l'IRI che già l'aveva assorbita, indirizzata all'attività di banca di credito ordinario, con la qualifica di banca di interesse nazionale.

Tra il 1991 e il 1994 si trasformò in gruppo bancario, con la possibilità di esercitare nuovamente il credito alle imprese secondo il modello della banca universale, riadattato alla realtà del tempo. Proprio nel 1994, anno del centenario della fondazione e dopo sessant'anni dalla nazionalizzazione, Comit venne privatizzata con la vendita del pacchetto di maggioranza da parte dell'IRI.

Nel 1999 Banca Intesa acquistò il 70% del capitale. Due anni dopo, il 24 aprile 2001, Comit si fuse con Banca Intesa per formare il gruppo IntesaBci, che dal 18 dicembre 2002 divenne semplicemente Banca Intesa, oggi Intesa Sanpaolo.

 

Credito Italiano diventa UniCredit

Il Credito Italiano era una delle prime e più importanti banche italiane insieme a Banco di Roma e Banca Commerciale Italiana. Insieme agli altri due istituti era una delle tre Banche di interesse nazionale controllate dall'IRI. La nascita del Credito Italiano è iniziata in Liguria, nel lontano 1870. Il 28 aprile di quell’anno venne fondata a Genova la Banca di Genova.

La banca era azionista di compagnie armatoriali, come il Lloyd Italiano e la concorrente compagnia dei Raggio, di zuccherifici, di banche fra cui la Banca Romana. Successivamente partecipò alla costituzione della Società Esercizio Bacini, allargò la partecipazione nel settore marittimo alla Navigazione Generale Italiana, alla flotta Lavarello, a La Veloce.

Nel 1889 assorbì un'altra delle maggiori banche genovesi in crisi a causa degli investimenti immobiliari, la Banca Provinciale di Genova. Tuttavia, negli anni successivi anche la Banca di Genova entrò in crisi e, fra il 1891 e il 1894, dovette ridurre il capitale da 20 a 3 milioni di lire.

Nel 1894 la Banca di Genova acquisì la Banca Manzi di Roma e la Banca Vonwiller, la cui sede a Milano diventerà la filiale della banca in quella città: questa operazione porta l'istituto di credito a cambiar nome nel 1895 in Credito Italiano. Nello stesso anno le azioni della banca vengono ammesse alla contrattazione a Piazza Affari.

Nel 1905 acquista la Banca Meuricoffre di Napoli e nel 1907 sposta la direzione generale da Genova, dove rimane la sede legale, a Milano, in Piazza Cordusio. Il Palazzo del Credito Italiano rimase la sede milanese della banca per molti anni, anche dopo la nascita di UniCredit, tanto che anche il palazzo fu poi chiamato Palazzo Unicredit.

Lo stesso anno, partecipa con la Banca d'Italia e la Banca Commerciale Italiana al salvataggio della Società Bancaria Italiana. La clientela del Credito Italiano era costituita soprattutto da grandi imprese, tuttavia l'istituto riscontava anche le cambiali relative ai prestiti concessi dalle casse di risparmio alle piccole e medie imprese.

Nel 1929 crolla la Borsa di Wall Street, evento che si ripercuoterà su Piazza Affari nel 1932. Tuttavia, già nel 1930 il Credito Italiano avrebbe dovuto dichiarare il fallimento, essendo in stato d'insolvenza, ma venne salvato dall'Istituto di Liquidazioni.

Nel 1933 l'IRI assorbì l'Istituto di Liquidazioni e con esso il Credito Italiano. La legge bancaria del 1936 limitò l'attività delle banche al solo credito ordinario e qualificò le tre ex banche miste come istituti di credito di diritto pubblico, tra cui – quindi - anche Credito Italiano.

Nel 1937 l'IRI mutò la qualifica delle tre banche, da Istituti di Diritto pubblico a Banche di interesse nazionale, per conservarne la forma di società per azioni. Nel 1946, subito dopo la fine della guerra, il Credito Italiano insieme alle altre due banche dell'IRI partecipa alla fondazione dell'istituto di credito a medio e lungo termine Mediobanca con una quota del 35%, che diminuirà gradualmente negli anni.

Nel 1993 viene fatta un'offerta pubblica di vendita con la quale si privatizza la banca, e si ha, dopo il blocco a seguito della crisi degli anni ‘30, l'apertura degli sportelli bancari. Nel 1995 il Credito Italiano acquista il Credito Romagnolocon l'aiuto di Carimonte Banca e RAS. Dalla successiva fusione tra il Rolo, Carimonte Banca e altri istituti minori della regione nasce Rolo Banca 1473. Quest'ultima due anni dopo incorpora la controllata Banca Popolare del Molise.

Nel 1998, dalla fusione dei gruppi Credito Italiano e Unicredito, nasce Unicredito Italiano, rinominato nel 2008 UniCredit. Nel 2007 le storie delle due ex banche di interesse nazionale si intrecciano: la Banca di Roma, diventata capofila di Capitalia, entrò a far parte del gruppo UniCredit.

 

La storia del Banco di Roma

Il Banco di Roma viene fondato il 9 marzo 1880 su iniziativa di alcuni nobili romani, in un periodo di forte sviluppo urbanistico ed economico della città, divenuta da poco Capitale del Regno. Ai rogiti del notaio Scipione Vici, nel suo studio di Roma, si riuniscono il principe Sigismondo Giustiniano Bandini, il duca di Bomarzo Francesco Borghese ed il marchese Giulio Merenghi, i quali costituiscono il Banco di Roma, con un capitale di 6 milioni di Lire. Ne viene eletto primo presidente il principe Placido Gabrielli, che figura tra i maggiori azionisti.

Nata come istituzione locale, con l'inizio del nuovo secolo dimostra un'ambizione internazionale: in pochi decenni sono aperti sportelli in tutta Italia ed è la prima banca italiana ad aprire, tra il 1901 e il 1914, filiali all'estero. Tuttavia, l'espansione in Italia era preclusa dalle due maggiori banche nazionali, la Banca Commerciale Italiana e il Credito Italiano: perciò il Banco di Roma scelse l'espansione nel Mediterraneo, in particolare in Libia.

Per espandersi in Italia il Banco ricorse agli aumenti di capitale, attraverso i quali la presenza della nobiltà romana nel capitale sociale diminuì in favore del Credito Nazionale, banca partecipata dalle banche cattoliche italiane e che veniva finanziata dallo stesso Banco di Roma.

Nel 1914, a causa delle perdite, il Banco dovette svalutare il capitale. Fu la Banca d'Italia che aiutò il Banco di Roma a riprendersi da quella crisi. Nel 1921 il Banco era di nuovo in crisi, sovraindebitato nei confronti della Banca d'Italia. Il governo e la banca centrale rifinanziavano il Banco di Roma per paura che si verificasse un nuovo crollo bancario dopo quello della Banca Italiana di Sconto.

Nel 1923, con l'avvento del Fascismo, il Banco di Roma fu rilevato dalla Società Nazionale Mobiliare, controllata per il 26% dal Consorzio Sovvenzioni e per un altro 26% dalla Banca Commerciale Italiana e dal Credito Italiano. Nel 1933 l’Istituto di Liquidazioni venne assorbito dal nuovo istituto di salvataggio, l'IRI, che aveva rilevato anche il Credito e la Commerciale, dunque il Banco di Roma si trovò ad esser controllato dall'IRI.

Nel 1934 si avvia il riassetto complessivo del sistema bancario nazionale ed il Banco, come le altre due banche dell'IRI, diviene nel 1937 Banca di interesse nazionale. L'espansione della Banca riprende nel dopoguerra con la costituzione di Mediobanca e prosegue negli anni ‘50 e ‘60, sia in Italia che all'estero.

Nel 1991 la sezione bancaria della Cassa di Risparmio di Roma è stata assorbita dal Banco di Santo Spirito. Il proprietario, Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, ha scelto di non formare una banca indipendente, ma una holding: "Cassa di Risparmio di Roma Holding". Nel 1992 il Banco di Santo Spirito è stata fusa con il Banco di Roma per formare Banca di Roma.

Nel 2002 Gruppo Banca di Roma si è fusa con Bipop Carire per formare Capitalia. Infine, il 20 maggio 2007, Capitalia è stata acquisita da Unicredito Italiano. All’epoca la più grande banca italiana, seconda europea in termini di capitalizzazione e la prima dell’area euro.

Da Banche di interesse nazionale… a banche sistemiche

Oggi il panorama è cambiato molto rispetto al secolo scorso: il libero mercato è entrato nelle banche, molte sono quotate in borsa, l’azionariato è diffuso e gli enti di controllo non sono più solo a livello nazionale. Ci sono organismi a livello europeo e mondiale, che hanno adottato interventi di indirizzo e proposte legislative volte al monitoraggio e al controllo delle banche tramite misure strutturali e prudenziali.

È del 1988 il primo accordo di Basilea, cui seguirono Basilea II in vigore dal 2008, con l’individuazione dei tre pilastri che dovevano reggere il sistema creditizio: requisiti patrimoniali, controllo prudenziale e disciplina di mercato. Basilea III nel 2010: un insieme di nuove regole relative alla vigilanza bancaria, pubblicate in risposta alla Grande Crisi finanziaria scoppiata due anni prima.

Per la loro importanza “sistemica”, molti istituti di credito non possono assolutamente fallire, la stessa filosofia del “too big to fail” vista negli Stati Uniti. L’importanza di queste banche è data dalle dimensione degli attivi, dal numero di clienti soprattutto internazionali, dalla loro interconnessione con l’economia del Paese nel quale hanno sede e con l’economia mondiale.

La decisione di identificare le banche “sistemiche” venne presa subito dopo il collasso della banca statunitense Lehman Brothers. Da allora fu chiarissimo che alcuni istituti non possono fallire. Conseguenza? Contaminazione e collasso del sistema finanziario globale. L’elenco delle 30 Big Banks “too big to fail” è redatto ogni anno dal Financial Stability Board (FSB) insieme al Basel Committee on Banking Supervision (BCBS).

0 - Commenti

I Nostri Partners



Malta

ELP Finance LTD

34, Wied Ghomor Street, St. Julians STJ 2043 – Malta

+356 20 341590

Switzerland

ELP SA

Corso San Gottardo 8A, 6830 Chiasso, Switzerland

+41 91 9228169

Investire.biz non offre servizi finanziari, regolamentati o di investimento. Le informazioni presenti sul sito non devono essere considerate consigli di investimento personalizzati e sono disseminate sul sito e accessibili al pubblico in generale. Tutti i link e i banner sui siti web della società puntano verso società finanziarie, fornitori di servizi di investimento o banche regolamentate in Europa. Si prega di leggere Dichiarazione di non responsabilità, Informativa sui rischi, Informativa sul trattamento dei dati personali e Termini e condizioni prima di utilizzare questo sito Web.

L’utilizzo del presente sito è soggetto al diritto svizzero, che ha giurisdizione esclusiva in relazione all’interpretazione, applicazione ed effetti delle condizioni d’uso. Il tribunale cantonale competente avrà giurisdizione esclusiva su tutti i reclami o le controversie derivanti da, in relazione a o in relazione al presente sito web ed al suo utilizzo.

Le informazioni presenti sul sito web non devono essere considerate consigli di investimento personalizzati e sono disseminate sul sito e accessibili al pubblico in generale. Tutti i link e i banner sui siti web di ELP SA o ELP Finance LTD (di seguito il “gruppo ELP” o “ELP”) indirizzano verso società finanziarie, fornitori di servizi di investimento o banche regolamentate in Europa. Gli strumenti finanziari menzionati nel presente sito web possono essere soggetti a restrizioni di vendita in alcune giurisdizioni.

Continuando ad accedere o utilizzare questo sito web o qualsiasi servizio su questo sito, dichiari di accettarne i termini e condizioni. Tutti gli investimenti finanziari comportano un certo livello di rischio. Il trading e la speculazione finanziaria comportano un alto livello di rischio e potrebbe non essere adatto a tutti gli investitori. Prima di decidere di investire dovresti considerare attentamente i tuoi obiettivi di investimento, il livello della tua esperienza, la tua disponibilità ad assumersi dei rischi e consultare un consulente indipendente. C'è sempre la possibilità di perdere l'investimento, per intero o parte di esso. Quindi ti suggeriamo di investire denaro che puoi permetterti di perdere.

Dichiarazione di non responsabilità - Informativa sui rischi - MAR - Informativa sul trattamento dei dati personali - Termini e condizioni - Codice Etico - Cookie policy - Privacy Policy

© 2024 Investire.biz, all rights reserved.